Il cuore americano del Pime

Il cuore americano del Pime

Una via crucis virtuale in comunione con il mondo, l’incontro con i missionari anche sul campo da golf e presto una nuova casa a Farmington Hills. Padre Daniele Criscione racconta le attività dell’istituto negli Usa

Prendi un missionario per ogni Paese e fallo incontrare on line (e soprattutto pregare) con tante persone che in Quaresima vogliono aprire il cuore al mondo. L’idea è semplice ma, anno dopo anno, anche sempre più efficace: è la Virtual Station of the Cross, la Via Crucis on line promossa sul proprio sito internet da Pime Usa. Va avanti ormai da quattro anni ed è uno dei nuovi volti del Centro missionario di Detroit, cuore dell’animazione dell’Istituto dall’altra parte dell’oceano. Un’équipe di laici che dal 2018 è guidata da padre Daniele Criscione, originario di Ragusa, che nel Michigan ha portato tutta la sua passione missionaria ben conosciuta anche da tanti giovani italiani.

«Affidiamo ogni anno le 15 stazioni ad altrettanti tra padri del Pime e missionarie dell’Immacolata di ogni continente – racconta padre Daniele – e trasmettiamo la Via Crucis in diretta on line sul nostro sito pimeusa.org nei quattro giovedì di Quaresima: quest’anno abbiamo iniziato il 22 febbraio e finiremo il 14 marzo. Per noi è un’occasione straordinaria per riunire in un solo momento i nostri donatori che non vivono solo a Detroit, ma in tutto il Paese: abbiamo infatti persone legate al Pime in 30 diversi Stati».

Come in ogni Via Crucis, a scandire il percorso sono i racconti evangelici che ciascun missionario commenta in un video preregistrato della durata di 3 minuti. In ciascuna delle quattro settimane, però, c’è spazio anche per una testimonianza più ampia da una delle missioni: quest’anno è toccato a suor Chiara Colombo dalla Papua Nuova Guinea, monsignor Andrea Lembo dal Giappone, padre Paolo Salomone dalla Thailandia e suor Roberta Pignone dal Bangladesh. «È un modo molto efficace per porta- re le persone dentro le missioni del Pime e far conoscere anche le attività portate avanti dalle suo- re dell’Immacolata, che non sono presenti negli Stati Uniti. Il fatto poi che la preghiera e le testimonianze siano tutte in inglese permette anche a tante persone in missione di unirsi a noi: si collegano da tanti Paesi. E poi la Via Crucis resta comunque on line anche sul canale YouTube per quanti, anche per ragioni di fuso orario, non possono viverla in diretta».

La Via Crucis è solo una delle nuove iniziative digitali che il Centro missionario del Pime di Detroit ha promosso in questi ultimi anni. Una scelta dettata certamente dalla pandemia, ma anche – appunto – dalla volontà di restare meglio in contatto con tutti gli amici dell’Istituto negli Stati Uniti. «Molti sono contatti dei singoli missionari che hanno svolto qui il loro ministero nel corso degli anni. Altri sono entrati in relazione con noi attraverso Mission World (la rivista “gemella” di Mondo e Missione negli Stati Uniti – ndr) o qualche nostro evento. Ma tenete presente che sono le persone stesse a spostarsi molto in questo Paese: per lavoro, per esigenze di famiglia, per motivi economici, capita molto più spesso che in Italia di trasferirsi da una parte all’altra del Paese. Siamo in una Federazione di Stati e ce ne sono molti che incoraggiano an- che con incentivi questo tipo di trasferimenti, perché il peso specifico a livello politico dipende an- che dalla popolazione».

I contatti virtuali non sostituisco- no però ovviamente le relazioni fisiche con le persone, che sono un altro punto di forza del Centro missionario di Detroit, grazie a un ricco ventaglio di proposte ed eventi che crescono di anno in anno. In perfetto stile Usa, una delle iniziative più partecipate ogni anno è il Golf Day, il torneo per amici e sostenitori del Pime che ha una tradizione ormai di 67 anni. L’anno scorso – dopo la pausa forzata legata al Covid-19 – a sfidarsi sul green messo a disposizione gratuitamente per la manifestazione sono arrivati ben 730 giocatori, il massimo che la struttura poteva ospitare. Una gara che è ovviamente anche un’occasione per sostenere economicamente i progetti dei missionari del Pime nel mondo. Come an- che altri eventi sportivi: qualche settimana fa, per esempio, il Centro di Detroit è stato ospite alla partita dei Red Wings, la squadra di hockey su ghiaccio della città. Con l’immancabile banchetto per presentare a tutti i tifosi chi sono i missionari dell’Istituto e che cosa fanno da una parte all’altra del mondo. Come pure – apprezza- Da un po’ di tempo mancava però una cosa al Centro missionario di Detroit: un luogo fisico dove poter incontrarsi con le persone. La sede di Quincy Street, dove una volta il Pime aveva un seminario, era diventata troppo grande per l’Istituto ed è stata ceduta a un’altra congregazione, i Companions of the Holy Cross.

La comunità del Pime di Detroit – formata oggi da sei missionari più un padre attualmente presente per lo studio dell’inglese – vi è rimasta per qualche tempo come ospite, in attesa di trasferirsi in una nuova casa più piccola a Farmington Hills, una zona residenziale più decentrata rispetto a quella attuale. Lo spostamento dovrebbe avvenire in aprile.

«Sarò finalmente un direttore con un Centro missionario! – sor- ride padre Daniele -. E avremo a disposizione una cappella in grado di ospitare fino a 60 persone, oltre a una sala polifunzionale per le attività. Ripartiremo da qui, perché la preghiera e la celebrazione della missione sono il cuore di tutto. E c’è una grande sete di questo tipo di iniziative». Il direttore del Centro Pime di Detroit lo tocca con mano anche attraverso la proposta dei Bible Studies che anima in alcune parrocchie di Detroit. «Li ho fatti partire quasi per scommessa – racconta Criscione – ma la risposta è stata sorprendente. Sono cicli di tre incontri in Avvento, in Quare- sima e nel mese di maggio, ogni volta su un tema specifico. E a ogni incontro ad aspettarmi trovo sempre 70 o 80 persone». Come pure grande interesse riscuoto- no i pellegrinaggi che due volte all’anno il Centro missionario di Detroit propone verso mete raggiungibili in giornata.

«L’America è una “palestra” straordinaria che ti chiede continuamente di rimetterti in gioco – commenta il missionario del Pime -. Quando pensi di aver capito tutto ti ritrovi con le mani vuote. Ma vivendo qui ho scoperto soprattutto la grande generosità di queste persone. E anche la loro fede. Ti aiutano come possono, hanno radicata l’idea che hai qualcosa da restituire perché c’è sempre qualcuno che sta peggio di te. Mi hanno insegnato a credere in me stesso: se tu ci credi, ti seguono e insieme si riescono a fare cose grandi».

Padre Daniele sta inoltre rilanciando le Pime Sponsorship, la versione americana del sostegno a distanza. E nel 2024 verrà rinnovato anche il sito internet. Ma c’è anche un altro progetto, quello del Pime Chapel Programme: «Una delle specificità del Centro missionario di Detroit è l’aiuto alla costruzione delle chiese in missione – racconta -. Dagli anni Settanta, quando han- no cominciato a tenere i registri di queste donazioni, ne abbiamo finanziate ben 16 mila: piccole cappelle, luoghi dove si celebra l’Eucaristia in ogni angolo del mondo. Vogliamo tornare a far crescere anche questo, non solo come donazioni di singoli in memoria di qualcuno, ma an- che come forme di gemellaggio». Chiese insieme, da una parte all’altra del mondo.