Al via alla Mecca l’Hajj senza gli iraniani

Al via alla Mecca l’Hajj senza gli iraniani

Da venerdì un milione e mezzo di fedeli per il grande pellegrinaggio nel luogo sacro dell’islam dopo gli incidenti dell’anno scorso. Anna Vanzan: «Lo scontro tra Riyadh e Teheran oggi tocca anche questo momento. Gli sciiti quest’anno si recheranno ai loro luoghi di pellegrinaggio»

 

Mancano pochi giorni all’inizio dell’appuntamento annuale più importante per un miliardo e 800 milioni di persone al mondo che compongono la umma, la comunità dei fedeli nell’Islam. La luna piena del 1 settembre scorso ha determinato la data d’inizio dell’hajj, il pellegrinaggio annuale alla Mecca, il 9 settembre prossimo, mentre l’importante ricorrenza del giorno di Arafat – in cui i pellegrini si radunano ai piedi del monte da cui il profeta pronunciò il suo ultimo sermone, chiedendo perdono per tutti i loro peccati – cadrà il 10 settembre.

Sono momenti suggestivi, in cui migliaia di persone da tutto il mondo affollano la Mecca con i loro abiti bianchi da pellegrini, sfidando temperature che possono raggiungere i 40 gradi, in nome della fede. Ma possono diventare anche ad altissima tensione, come dimostrano gli incidenti che si sono verificati negli anni. Basta un nonnulla e centinaia di fedeli possono morire calpestati nella calca.

Il grave incidente verificatosi lo scorso anno, il 24 settembre, a Mina è costato la vita a oltre duemila persone. La difficoltà dei sauditi a identificare le vittime dopo l’incidente ha portato quest’anno a istituire una nuova procedura, con l’obbligo per i fedeli di indossare un braccialetto elettronico.

Quest’anno si attendono oltre un milione e mezzo di fedeli, divisi in quote precise assegnate nazionalità per nazionalità: il sacro pellegrinaggio è, infatti, a numero chiuso. I grandi assenti dal hajj 1437 (questo è l’anno in corso per i musulmani) saranno gli iraniani, con i quali dopo l’incidente dello scorso anno si aperta una feroce polemica, mai ricucita. Secondo fonti di Teheran, il numero dei morti dell’incidente del 2015 alla Mecca sarebbe addirittura di 4700 persone – di cui 465 iraniani accertati – una cifra mai riconosciuta dai sauditi perché “denoterebbe la catastrofica cattiva gestione dei riti dell’hajj”, come scrive il sito persiano Presstv.ir.

Per l’Arabia Saudita, che è responsabile della logistica e della sicurezza, non si tratta solo di immagine agli occhi del mondo musulmano. È anche questione di soldi, perché l’hajj ogni anno rimpingua le casse del regno dei Saud. Il mese scorso, Riyad ha rivisto le tariffe dei visti per i pellegrini. Il costo d’ingresso attuale è di 2000 riyal (circa 478 euro).

«Il costo del hajj è oggetto di polemica nei confronti dell’Arabia Saudita da parte di molti Paesi», commenta Anna Vanzan, docente di Cultura araba alla Statale di Milano e grande conoscitrice del mondo iraniano. «Pakistani e indiani protestano da tempo che il prezzo è calcolato sul reddito di un musulmano che vive a Berlino, e non a Islamabad». Un altro tema di dibattito è legato alla gestione dei luoghi sacri. «Secondo alcuni fedeli, il paesaggio sacro della Mecca è stato rovinato dalla costruzione massiccia di hotel e appartamenti».

Con gli iraniani – sciiti, e non sunniti come i sauditi – l’incidente del 2015 è stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dai tempi della Rivoluzione khomeinista, le relazioni sono tese. Iran e Arabia Saudita si sono trovati su fronti opposti nella guerra in Iraq, in Siria e ora anche nello Yemen. I rapporti diplomatici sono interrotti dal gennaio scorso, dopo l’esecuzione del clerico sciita Al Nimr in Arabia Saudita e l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. «L’accordo sul nucleare raggiunto con l’Iran è osteggiato dai sauditi, mentre in Iran c’è delusione, poiché non si sono ancora visti benefici per l’allentamento delle sanzioni», sottolinea Vanzan. «Comunque i sauditi continuano a boicottare il trattato, sulla stessa linea dei falchi americani. E spingono perché intorno all’Iran ci sia un cordone sanitario, coalizzando tutti i Paesi del Golfo – a eccezione dell’Oman – sulla loro posizione».

È evidente che in una situazione simile, per l’Iran è arduo inviare propri cittadini in un Paese dove con il quale non ci sono relazioni diplomatiche. Anche se la ricorrenza è quella di un evento religioso pacifico come l’hajj che dovrebbe unire gli animi, e non dividere. Come stanno vivendo gli iraniani questo divieto? «Gli iraniani, come sciiti, hanno i loro luoghi di pellegrinaggio», dice Vanzan. «Sono santuari noti come Imamzadeh, strettamente legati a imam e loro congiunti imparentati con Maometto. Fra i più noti, Najaf e Karbala in Iraq, ma anche Qom e Mashhad in Iran. Il divieto di recarsi alla Mecca incrementerà i pellegrinaggi interni dei fedeli».