Giustiziata in Arabia Saudita. Ma è donna etiope e non fa notizia

Giustiziata in Arabia Saudita. Ma è donna etiope e non fa notizia

A pochi giorni dalle esecuzioni che hanno rinfocolato lo scontro tra sunniti e sciiti, l’Arabia Saudita ha compiuto una nuova esecuzione capitale: Jinat Farid, una donna immigrata etiope accusata di omicidio, è stata messa a morte a Taif. La sua è la cinquantesima esecuzione capitale in appena dieci giorni

 

Da giorni il Medio Oriente è scosso dagli echi delle 47 esecuzioni capitali compiute dall’Arabia Saudita a inizio anno, tra le quali anche quella eccellente dell’imam sciita Nimr al-Nimr. E da più parti si sono levate voci contro questa nuova stagione di sangue decisa da Riyad. Intanto, però, il boia non si ferma e va avanti a colpire anche su casi che nulla hanno a che fare con la politica e il jihadismo. Stavolta – però – nel silenzio del mondo.

Domenica 10 – così – il conto delle sentenze capitali eseguite dall’inizio dell’anno in Arabia Saudita ha già toccato quota 50. E a segnare questo macabro dato statistico è stato a Taif il patibolo di una donna immigrata. Si chiamava Jinat Farid, era di nazionalità etiope, con ogni probabilità una badante o una domestica tra le tante che svolgono questo lavoro nel regno degli al Saud. È stata messa a morte perché accusata dell’omicidio di un’altra donna, la saudita Farid hit al-Harithi, che avrebbe colpito con un coltello mentre era inginocchiata a pregare e che avrebbe anche derubato.

Prima di lei – nelle ultime ore del 2015 – la stessa sorte era toccata anche a un altro lavoratore immigrato: il trentacinquenne filippino Joselito Lidasan Zapanta, anche lui accusato dell’omicidio di un cittadino sudanese. Nel suo caso – particolare ancora più raccapircciante – era stato ucciso perché la famiglia nelle Filippine non era riuscita a raccogliere il milione di dollari chiesto dalla famiglia della vittima per acconsentire alla commutazione della pena capitale in una pena detentiva. La famiglia di Joselito era riuscita a raccogliere «appena» 23 milioni di pesos (circa 488 mila dollari). Troppo pochi per evitare il boia.

Il dato delle 50 esecuzioni capitali in appena dieci giorni in Arabia Saudita è impressionante, se si pensa che nel 2015 sono state in tutto 153. Ed era già stato un anno record: nel 2014 – ad esempio – il boia era entrato in azione 87 volte.