Un colosso economico dai piedi d’argilla

OMBRE CINESI
La crescita non giova a tutti i cittadini allo stesso modo, ma amplia le disparita di reddito. E ora comincia a rallentare

 

L’enorme crescita della Cina ha visto il suo Pil passare dal 4,4% dell’economia globale nel 2003 a quasi il 20% nel 2019. Seconda economia più grande del mondo e “fabbrica globale”, la Cina svolge un ruolo significativo nelle industrie dell’high-tech tra cui 5G, intelligenza artificiale, Big Data e super computer.

Inevitabilmente, dopo decenni di espansione a due cifre, il tasso di crescita è sceso dal 7,86% nel 2012 al 6,11% l’anno scorso, il livello più basso dal 1990. I bassi costi che all’inizio avevano sostenuto il boom, trainato dalle esportazioni, oggi soffrono l’aumento del costo del lavoro e le severe norme governative. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione dovuto alla politica del figlio unico e l’aumentata longevità porteranno a una crescita negativa della popolazione dal 2029. Se l’anno scorso il 9,5% dei cinesi era anziano, nel 2037 un quinto della popolazione avrà 65 anni o più.

Anche se nel 2019 il gigante asiatico si è classificato solo 65esimo per Pil pro capite, secondo il rapporto di Credit Suisse i suoi cittadini inclusi nel 10% più ricco al mondo erano più numerosi rispetto a quelli degli Stati Uniti, e i consumatori cinesi sono stati il 35% del mercato mondiale del lusso, rispetto al 22% degli statunitensi. Il governo cinese ha reso noto che le famiglie urbane hanno un patrimonio medio di 3,2 milioni di RMB (0,46 milioni di dollari).
Tuttavia, 600 milioni di cittadini guadagnano solo 1.000 RMB (145 dollari) al mese, mentre oltre il 40% della popolazione non raggiunge i cinque dollari al giorno. Purtroppo, lo sviluppo economico non giova a tutti i cinesi allo stesso modo, ma amplia invece la disparità di reddito.

L’indice Gini cinese è stato stimato a 0,465 nel 2019, il che implica un livello allarmante di disuguaglianza. Tra le cause strutturali uno sviluppo sbilanciato tra regione orientale e occidentale del Paese, disparità di istruzione terziaria e un accesso ai servizi finanziari dipendente dalla zona, dall’urbanizzazione e dalle disponibilità personali. La politica promossa dal governo, basata sul “diventare grandi e forti” e sul predominio delle compagnie di Stato in settori chiave come le telecomunicazioni e le banche, ha generato un grave divario di potere contrattuale tra grandi e piccole imprese e tra le grandi società e i loro consumatori e dipendenti. Un sistema di welfare insufficiente aggrava la povertà degli anziani. Nonostante gli sforzi del governo per mitigare questi limiti strutturali, la povertà persiste a causa di burocrazia e corruzione.

La bolla immobiliare è un altro fattore di disparità soprattutto nelle aree urbane, dato che la ricchezza si sposta da acquirenti e inquilini delle case a costruttori, governo locale e speculatori. Gli investimenti immobiliari sono molto popolari nel Paese: il 35% dei cinesi ha due o più case.

A fronte della crescente tensione con gli Usa e del rallentamento economico globale nell’era post Covid, il governo cinese ha avviato la strategia della “doppia circolazione”, con priorità alla “circolazione interna” che punta su consumo privato e autosufficienza nell’offerta locale di prodotti strategici. Ma i consumi in Cina sono stati solo il 38,8% nel 2019, un dato molto inferiore agli standard globali. Nuovi progressi, dunque, dipendono dalla capacità di mitigare la disparità di reddito, che però è causata dalla stessa crescita. Un circolo vizioso difficile da spezzare.

Paul Ng Wai-kit
Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Hong Kong