La storia salvata dalle acque

La storia salvata dalle acque

Nel 1752 una nave con un carico di spezie, sete e ceramiche si inabissò nel Mar Cinese meridionale. Un tesoro ritrovato secoli dopo e di cui un frammento è giunto al Pime

Il 3 gennaio del 1752 una nave della Compagnia olandese delle Indie orientali, la Geldermalsen, affondò nel Mar Cinese Meridionale dopo aver urtato uno scoglio. Nel naufragio morirono circa 80 persone e si inabissò un’enorme quantità di oggetti cinesi: tè, spezie, mobili, lacche, porcellane, tessuti, sete, tutto diretto al mercato occidentale.
Questi eventi sono solo l’inizio di una lunga storia, iniziata nella Cina di 270 anni fa e arrivata fino al Pime dei nostri giorni. A raccontarcela sono tre porcellane cinesi, un piattino e due ciotole, in parte rotti, che abbiamo trovato nel deposito del Museo Popoli e Culture durante il lavoro di inventariazione che ci porterà a esaminare circa 3.000 oggetti. Una vicenda avventurosa che parla di un lungo viaggio, di culture diverse e di incontri, tasselli che una breve nota, due adesivi e alcune ricerche iniziali ci hanno permesso di ricomporre.

La Geldermalsen era stata caricata con circa 150.000 porcellane, realizzate nelle fornaci di Jingdezhen, nella Cina meridionale: un antico centro di produzione della ceramica, noto durante la dinastia Ming (1368-1644) per le raffinate porcellane imperiali e durante la dinastia Qing (1644-1911) per i pezzi destinati all’esportazione, caratterizzati da maggiore robustezza e da apprezzate decorazioni in blu di cobalto e smalti verdi e rosa. Questa località piuttosto remota possedeva tre caratteristiche che la rendevano particolarmente indicata per diventare un’industria fiorente: si trovava su un terreno ricco di petunzi, il materiale base assieme al caolino per la pasta di porcellana, aveva una grande disponibilità di alberi necessari per scaldare le fornaci e disponeva di un fiume, via fondamentale per il trasporto dei delicati oggetti.
Fino all’inizio del 1700 la porcellana non era realizzata in Europa ma molto ammirata. Anche dopo che iniziò una produzione interna, si continuò a importarne grandi quantità dalla Cina per soddisfare le numerose richieste: a questo fine gli artigiani cinesi iniziarono a realizzare pezzi caratterizzati da forme, decorazioni e destinazioni d’uso a loro sconosciute ma in grado di venire incontro ai gusti occidentali. Si tratta della cosiddetta “Chine de commande”, che arricchirà i corredi e le case delle famiglie europee dal Settecento fino a tutto l’Ottocento e la prima parte del Novecento.

La Geldermalsen salpò dunque nel dicembre del 1751 diretta verso l’Olanda e carica di preziose porcellane e altri materiali destinati all’Europa, ma affondò dopo solo 16 giorni di navigazione. Per due secoli il silenzio e il mare custodirono il suo tesoro, finché nel 1985 il capitano Michael Hatcher, un esploratore inglese particolarmente attivo nelle ricerche di tesori affondati, individuò la nave con il suo immenso carico. La scoperta fece notizia e attirò l’attenzione di collezionisti e case d’aste: nella primavera del 1986 tutto il carico della Geldermalsen, con il nome di Nanking cargo, venne acquistato e messo all’asta ad Amsterdam da Christie’s. Dall’Europa all’Italia il passo fu più breve: tre porcellane vennero acquistate da un antiquario di Milano che poi le ha donate generosamente al Museo del Pime.

Sul fondo di questi oggetti vi sono ancora l’adesivo dell’asta di Christie’s con il numero di lotto assegnato e la targhetta del negozio milanese che li ha acquistati e donati, la “Perotto antichità”, gli ultimi due tasselli della loro lunga storia. Il tempo trascorso in mare e il naufragio sono visibili nei frammenti in cui è ridotto il piattino e nelle sbeccature ai bordi delle due ciotole. Delle 150.000 porcellane caricate sulla nave molte altre riuscirono invece a conservarsi intatte, perché imballate insieme ai pacchi di tè che attutirono gli urti e gli effetti del sale marino.
I tre pezzi donati al Museo del Pime sono porcellane dalla pasta ceramica bianca e dalle decorazioni in blu ricavato dal cobalto, che raffigurano una scena di paesaggio, appena visibile sui cocci del piattino e sulla ciotola più piccola, e composizioni floreali di peonie e crisantemi ben visibili sulla ciotola più grande, che presenta anche una colorazione esterna bruna e omogenea chiamata Batavia, dal nome del centro commerciale fondato nel XVII secolo dalla Compagnia olandese delle Indie orientali e corrispondente più o meno all’attuale Giacarta. La preziosità di questi oggetti non risiede tanto nel loro valore commerciale, in parte ridotto anche dal fatto di essere rotti, quanto nella ricca storia di cui fanno parte e di cui offrono una testimonianza, sopravvissuta attraverso il tempo e gli eventi grazie alla cura di chi li ha donati e conservati. Essi fanno parte del numeroso gruppo di oggetti cinesi custoditi nel deposito del Museo Popoli e Culture, che come Ufficio Beni Culturali stiamo inventariando: si tratta di ornamenti, tessuti, pezzi rituali e legati alla religiosità popolare, monete, oggetti d’arte e d’uso quotidiano, carte geografiche, mobiletti laccati.

Piccole scoperte o riscoperte che riemergono dopo aver tolto loro la polvere e aver ripreso le fila di note, cartigli e schede. Una sfida entusiasmante che permette di ricostruire non solo un mondo lontano ma anche la storia delle persone che hanno creato questi oggetti e dei missionari che li hanno portati al Pime per parlare con amore e ammirazione delle culture e dei popoli incontrati.
Un percorso che parte dal passato ma che guarda sempre al futuro, con l’impegno del Museo e dell’Ufficio Beni Culturali per la conservazione e la valorizzazione del suo patrimonio, a favore della memoria dell’Istituto e a beneficio di tutti coloro che vorranno goderne.