Un mondo alla deriva

Un mondo alla deriva

 

È ulteriormente aumentato il numero dei migranti forzati: 65,6 milioni di persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni. In un rapporto dell’Unhcr, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, il quadro desolante di un esodo sempre più drammatico

Sono soprattutto fiumi di sud sudanesi in fuga da un Paese devastato da una guerra fratricida ad aver alimentato, nel corso del 2016, un flusso già enorme di sfollati e rifugiati. È quanto sostiene il Global Trends 2016, pubblicato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra oggi 20 giugno.

Il report conferma un trend drammatico, già evidenziato lo scorso anno. Sono, infatti, 65,6 milioni le persone che nel mondo sono costrette a vivere lontano dalla proprie case, circa 300 mila in più dell’anno precedente. E sono, appunto, i sud sudanesi a essersi riversati in massa lungo le strade dell’esodo forzato: 3 milioni 300 mila in tutto, con un tasso di incremento maggiore rispetto a qualsiasi altra popolazione al mondo.

La guerra di cui nessuno parla – quella tra il presidente Salva Kiir, dinka, e il suo ex vice Rieck Machar, nuer – rischia di trasformarsi (se già non lo è) in una vera e propria pulizia etnica. Anche Papa Francesco, che aveva espresso il desiderio di recarsi in Sud Sudan in ottobre, ha dovuto, per il momento, rinunciare a questa visita, dal momento che il Paese è totalmente fuori controllo. La fuga di massa di milioni di persone sta avendo ripercussioni anche sui Paesi limitrofi, Etiopia ed Uganda in primis. Quest’ultimo Paese, in particolare, si trova oggi ad accogliere il campo profughi più grande al mondo, quello di Bidi Bdi, dove ci sono circa 300 mila persone, il 60 per cento delle quali sono minorenni.

Nella tragedia sud sudanese si ritrovano alcuni degli elementi che caratterizzano le migrazioni forzate oggi nel mondo. Innanzitutto il fatto che ad essere maggiormente e più drammaticamente colpiti da situazioni di conflitto, crisi e violenze sono innanzitutto donne e bambini. Questi ultimi rappresentano circa il 50 per cento dei profughi nel mondo. In secondo luogo, si conferma che la stragrande maggioranza dei migranti forzati  viene accolta nei Paesi limitrofi che sono spesso, a loro volta, poveri e instabili. Secondo l’Unhcr, l’84 per cento dei profughi si trova in Paesi a basso o medio reddito, con una persona su tre (per un totale di 4,9 milioni) ospitata nei Paesi meno sviluppati.

«È una situazione inaccettabile – sostiene l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi -, da cui emerge sempre più chiaramente la necessità di solidarietà e di uno sforzo comune nel prevenire e risolvere le crisi, assicurandosi nel frattempo che rifugiati, sfollati interni e richiedenti asilo siano adeguatamente protetti e assistiti in attesa che vengano trovate soluzioni adeguate. Dobbiamo fare di più per queste persone. In un mondo in conflitto, quello che serve sono determinazione e coraggio, non paura».

Un caso tragicamente emblematico resta quello della Siria, ancora oggi il Paese con il numero più alto di persone in fuga: 12 milioni di profughi e sfollati (quasi due terzi della popolazione). Segue la Colombia, nonostante la firma dell’accordo di pace (7,7 milioni) e l’Afghanistan (4,7 milioni). Per non parlare della situazione dei palestinesi (5,3 milioni) rifugiati di lunga data.

«Un dato fondamentale riportato nel Global Trends – si legge – è che le migrazioni forzate di persone che in precedenza non erano mai state costrette ad abbandonare le proprie case rimane a livelli molto alti. Nel 2016, sono stati 10,3 milioni i nuovi migranti forzati, circa due terzi di loro (6,9 milioni) sono fuggiti all’interno dei confini nazionali. Ciò significa che nel mondo ogni 3 secondi 1 persona è costretta ad abbandonare la propria casa»