Costa d’Avorio: aspettando Pasqua, tra dolore e speranza

Costa d’Avorio: aspettando Pasqua, tra dolore e speranza

Padre Romano Stucchi ha sempre operato in contesti di prima evangelizzazione, cercando di far capire ai fedeli l’importanza di andare in Chiesa. Ora, alla vigilia di Pasqua, vive la frustrazione di doverli rimandare a casa a causa del coronavirus

«In questi giorni mi sento “strano”. Diciamo così: a “disagio”!». Sono parole che non ci si aspetta da un missionario abituato a vivere in prima linea, nei posti più remoti, tra comunità cristiane che muovono i primi passi e dopo un lungo periodo di guerra e instabilità. Che però non era mai riuscita a chiudere le chiese. Ci è riuscito il coronoavirus, che anche in Africa sta rivoluzionando la vita della gente a tutti i livelli. E anche quella della Chiesa.

Chi parla è padre Romano Stucchi, superiore dei missionari del Pime in Costa d’Avorio. La sua missione di Morondo è la più settentrionale, la più recente, la più piccola: una trentina di cristiani su circa 7 mila abitanti e 12 cappelle nei dintorni. E adesso, anche una delle più isolate. Perché anche qui le misure imposte per contrastare la diffusione del coronavirus sono drastiche. Niente assembramenti e, dunque, niente luoghi di culto aperti, cristiani o musulmani che siano.

«Quasi un mese fa – ci racconta padre Romano – il vescovo ci ha mandato una lettera, esortandoci a rispettare le norme di sicurezza e le precauzione imposte dalle autorità civili e sanitarie. Poi, alla vigilia della Domenica delle palme, ci ha scritto di nuovo per dirci chiaramente di sospendere ogni tipo di celebrazione».

Per una realtà come Morondo – e per molte altre sia in Costa d’Avorio che in tutta l’Africa – una cosa del genere era semplicemente inimmaginabile. Specialmente in questo periodo di Quaresima e, a maggior ragione, in questa Settimana santa. Per non parlare della Domenica delle palme, una delle cerimonie più sentite di tutto l’anno, insieme al triduo e alla veglia pasquale.

I gesti, i simboli, le letture, le preghiere, le processioni e i canti… Sono tutti momenti molto forti e molti sentiti, ancor più del Natale, che anche in Africa sta assumendo sempre di più una connotazione commerciale e consumistica (specialmente nelle grandi città). Mentre la Pasqua – e i giorni che la precedono – era e resta il momento centrale della vita dei cristiani, per il suo significato, ma anche per la carica simbolica delle celebrazioni e dei riti che l’accompagnano.

E, invece, già la Domenica delle palme, padre Romano, così come i suoi confratelli nelle missioni Pime nel nord della Costa d’Avorio, ha dovuto cancellare processioni e benedizioni e rimandare indietro i fedeli, nella migliore delle ipotesi con un ramoscello benedetto.

«Ho dovuto spiegarlo ai miei cristiani. E non è stato facile – continua padre Romano -. Quando li ho visti così delusi ho sofferto con loro».

«Non solo – riflette il missionario che è in Costa d’Avorio da quasi 15 anni e che ha sempre vissuto in contesti di prima evangelizzazione, spesso molto remoti e difficili, anche per la situazione di conflitto che dal 2002 si è trascinata sino a non molto tempo fa. Eppure una difficoltà come quella che sta vivendo oggi non l’aveva ancora mai sperimentata -; da quando sono prete ho sempre fatto il possibile per far capire alla gente l’importanza di venire in Chiesa. La Domenica delle palme, per la prima volta, mi sono trovato di fronte a persone che volevano “celebrare” la loro fede e la loro comunione con Dio e ho dovuto dire loro di non farlo. Ho dovuto mandarli a casa, dicendo di non tornare».

In questa terra poverissima e remota, le nuove tecnologie possono supplire molto limitatamente alla mancanza dell’incontro personale. E allora padre Romano e gli altri missionari dovranno inventarsi nuove forme di vicinanza e di preghiera. Certo, sarà un triduo pasquale davvero di passione. Ma anche una Pasqua di grande speranza. «Domenica scorsa, mi sono sentito come un cane bastonato – ammette padre Romano -. Speriamo almeno che tutto questo sia per il loro bene. E che il Signore ci aiuti!».

La Fondazione Pime Onlus ha aperto una raccolta fondi d’emergenza per interventi di lotta al Covid19 nei Paesi dove sono presenti i missionari.Per donare, clicca qui: Emergenza Coronavirus nel mondo