Messico violento verso le elezioni

Messico violento verso le elezioni

Una campagna elettorale segnata da una crescente violenza politica: già 33 vittime dall’inizio dell’anno. Chiesa e società civile chiedono di contrastare la «crisi dei diritti umani» e di migliorare il sistema di giustizia e la sicurezza. Ecco chi sono i candidati alle presidenziali del 2 giugno

Funzionari, politici in attività ed ex deputati, candidati e i loro familiari sono tra le vittime della criminalità che dilaga in questo periodo che precede le elezioni presidenziali in Messico. Da circa quattro mesi si è registrata in media un’aggressione al giorno a persone legate al mondo della politica. Il bilancio è frutto del lavoro di “Integralia”, una società di consulenza per gli affari pubblici.

Da settembre dello scorso anno – data d’inizio della campagna elettorale – a febbraio di quest’anno, si sono registrati 182 episodi di violenza politica, dalle offese sui social alle aggressioni fisiche, che hanno provocato 33 vittime nel 2024. Almeno un candidato viene attaccato ogni quattro giorni, recita il documento che rappresenta un campanello d’allarme preoccupante per l’ordine pubblico nel Paese.

Gli stati di Guerrero (dove sono presenti anche i missionari del Pime), Michoacán e Chiapas sono in cima alla lista dei territori con il maggior numero di attentati. In questo pesante clima, il prossimo 2 giugno la popolazione messicana dovrà recarsi al voto per scegliere da chi farsi guidare per i prossimi sei anni.

I candidati principali sono Claudia Sheinbaum, Xóchitl Gálvez e Jorge Álvarez Máynez.

Claudia Sheinbaum è la candidata del presidente in carica Andrés Manuel López Obrador, espressione del Movimento di Rigenerazione Nazionale, comunemente noto come Morena. È sostenuta anche dal Partito Laburista (Pt) e del Partito Verde Ecologista. Nata nel 1962 a Città del Messico, di cui è stata governatrice, è laureata in Fisica ed ha conseguito un master e un dottorato in Ingegneria energetica. Fedele alleata di Obrador, ha accompagnato il Presidente da quando, nel 2018, è diventato il primo capo di Stato messicano non appartenente agli storici partiti del Pri o del Pan.

Alla guida del Fronte allargato “Fuerza y Corazón por México” (Forza e Cuore per il Messico) troviamo un’altra donna: Xóchitl Gálvez. Di origini indigene, la Gálvez è nata a Tepatepec, nello stato di Hidalgo il 22 febbraio 1963. Conoscendo bene la difficile realtà delle popolazioni autoctone, Gálvez ha grande attenzione per i numerosi rappresentanti del popolo originario di questo grande Paese. Laureata in Ingegneria informatica, grazie a una borsa di studio, è diventa un’imprenditrice. E attualmente è nella lista dei 100 leader globali del futuro, elenco stilato dal Forum economico di Davos. Nel 2000 è stata invitata a far parte del governo del presidente Vicente Fox come direttore della Commissione per lo sviluppo dei popoli indigeni. Dal 2018 siede al Senato per il Partito d’Azione Nazionale. È sostenuta dal Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), il Partito della rivoluzione democratica (Prd) e dal Pan.

Jorge Álvarez Máynez, invece, è il candidato del Movimento cittadino. Deputato federale, 38 anni, è il più giovane aspirante a guidare il Paese.

I vescovi della Chiesa cattolica e i rappresentanti degli ordini religiosi hanno chiesto ai candidati di condividere e lavorare insieme per sanare le drammatiche ferite di un Paese ancora segnato da troppe sofferenza; femminicidi e criminalità, impunità e corruzione, sono i segnali di uno stato sociale ferito.

Il documento “Impegno nazionale per la pace”, condiviso con i maggiori candidati, riunisce strategie di politica pubblica incentrate sullo sradicamento delle ingiustizie. Le proposte sono il frutto di un dialogo avvenuto durante un intero anno tra gli Istituti religiosi, a partire dai Gesuiti, dalla Chiesa cattolica, da realtà imprenditoriali e dalla società civile.

Le iniziative proposte dalla Conferenza episcopale messicana (Cem) si basano su sette azioni per «costruire e rinforzare il tessuto sociale», rafforzare la polizia municipale per ottenere un «ritiro graduale dei militari» e contrastare la «crisi dei diritti umani». Inoltre, propone il rinnovamento e il miglioramento del sistema di giustizia e la sicurezza per affrontare in modo globale le carenze presenti sia a livello federale che statale.