Haiti, suor Marcella: situazione “terrificante”. Violenze, esecuzioni e stupri stile Isis

Haiti, suor Marcella: situazione “terrificante”. Violenze, esecuzioni e stupri stile Isis

Dall’isola caraibica la testimonianza della francescana suor Marcella Catozza. Ogni giorno decine di sequestri: se la famiglia non paga il riscatto le persone vengono giustiziate per la strada. Filmati e video su internet fonte di ispirazione per le bande criminali, che si fanno crescere la barba e proclamano un “califfato haitiano” senza nemmeno sapere che cosa significhi. Il funerale in chiesa per un membro di una banda: “ultimo istante di verità” nella sua vita.

 

Una situazione “terrificante” in cui ogni giorno avvengono “decine di rapimenti: solo lo scorso fine settimana” fra il 15 e il 17 ottobre le bande armate “hanno preso 150 persone fra la gente di strada. E il lunedì successivo hanno giustiziato quanti non sono stati riscattati dalle famiglie, dietro pagamento di denaro”. Quanto sta succedendo è “impressionante”. È un racconto drammatico quello che emerge dalla testimonianza affidata a Mondo e Missione da suor Marcella Catozza, francescana di Busto Arsizio (in provincia di Varese) per anni in missione ad Haiti, dove è tornata di recente per aiutare una popolazione allo stremo.

“Molti sono stati giustiziati proprio accanto alla nostra casa” ricorda la religiosa, perché “qui si trova la sede di questo fantomatico ‘Esercito di liberazione’. In realtà – prosegue – sono gli stessi banditi di sempre, finora nemici, che si sono associati in un nuovo movimento per creare il cosiddetto ‘Califfato haitiano’, sebbene non sappiano nemmeno che cosa voglia dire”. I miliziani, spiega suor Marcella, “vedono i filmati in internet e copiano le medesime dinamiche dei talebani o dello Stato islamico (ex Isis): si fanno crescere la barba, giustiziano con colpi alla testa o decapitazioni, rilanciano una visione e dinamiche che ricordano il fondamentalismo islamico”. Fra i sequestrati vi sono anche 17 missionari cristiani provenienti dagli Stati Uniti, per ciascuno dei quali è stato chiesto un milione di dollari di riscatto dal leader della gang 400 Mawozo. In caso di mancato pagamento, verranno anch’essi giustiziati.

La religiosa italiana è “da un mese” barricata all’interno della Kay Pè Giuss, una casa di accoglienza che opera in una delle grandi baraccopoli della capitale Haitiana, Waf Jeremie, sorta in passato sulla discarica comunale della capitale Port-au-Prince. Il centro di accoglienza, definito una autentica cittadella della speranza (il “Villaggio Italia”) in un’area di povertà e disperazione, con tanto di ambulatorio pediatrico e scuola, ospita al suo interno fino a 250 bambini, alcuni dei quali sono venuti in Italia nel recente passato per studiare.

Queste dinamiche che ricordano l’estremismo islamico, ricorda suor Marcella, erano emerse “tempo fa in Brasile“, quando circolavano video dei jihadisti che decapitavano in diretta le persone, perché “vanno per imitazione. Adesso siamo arrivati a questa fase anche ad Haiti: usano schemi visti altrove perché hanno permesso di raggiungere il potere e in Afghanistan hanno determinato la ‘sconfitta’ degli americani e del mondo”. Il pericolo è a ogni angolo della strada, per questo “seguo le messe online” e “ho inviato uno dei miei ragazzi in moto, attraverso percorsi secondari, alla Nunziatura per avere le ostie consacrate”. Perché l’eucaristia diventa “il punto forte della giornata, che dà il senso e la ragione per cui uno resta qui: per dire a questa gente che il Signore li ama”, anche se il rischio che si corre tutti i giorni “è altissimo, anche per i nostri bambini”.

All’orizzonte non si vedono vie di uscita e dopo l’uccisione del presidente Jovenel Moïse sembrano essersi dissolti anche gli ultimi, fragili sforzi della diplomazia internazionale. “Si sente solo – sottolinea – di una possibile donazione di milioni di dollari da parte dell’Onu per la lotta alle bande, ma non servirà a niente, anzi finiranno per alimentare questi gruppi” che vanno casa per casa a rapire le ragazzine. “Un esercito di uomini – spiega – ha bisogno di ‘carne fresca’, quindi ora riportano quelle prelevate mesi fa, tutte incinte, e ne prendono altre sempre più giovani”.

In questo scenario di violenze restano ancora piccoli segni di speranza: in primis “il rispetto per me, per quanto fatto in passato, ecco perché finora non ci hanno ancora toccato”. La suora ricorda un fatto accaduto di recente: “È stato ucciso un membro di una banda di Waf Jeremie e il capo mi ha mandato un emissario per chiedermi di poter celebrare il funerale con un prete nella nostra chiesa. Il fatto che lo abbia domandato, e non siano venuti direttamente, è il segno di un rispetto che è ancora presente. Io, ovviamente, ho concesso l’uso per due motivi: prima di tutto perché se non lo faccio la ritorsione è certa e terribile. Poi chi può togliere a queste persone, nell’ultimo istante di vita, il cuore del buon ladrone che dice a Gesù di portarlo con sé in paradiso? Posso io negare – conclude – un ultimo istante di verità e libertà?… il Signore non lascia nessuno fuori dalla sua casa”.