Una nativa americana per la Corte suprema dello Stato di Washington

Una nativa americana per la Corte suprema dello Stato di Washington

Donna, ebrea per parte di madre e nativa americana per parte di padre: Raquel Montoya-Lewis è la prima donna americana a ricoprire il ruolo di giudice della Corte suprema nello stato di Washington. E nella cerimonia di giuramento ha parlato di pregiudizi in ambito giuridico, di identità e di resilienza.

 

Lo stato di Washington negli Stati Uniti ha nominato alla guida della propria Corte suprema Raquel Montoya-Lewis, una donna nativa americana (solo la seconda in tutti gli Stati Uniti a ricoprire questo ruolo), che è anche ebrea, come racconta il The Times of Israel.

Sebbene sia degno di nota che una nativa americana abbia giurato di servire la più alta istanza giuridica dello stato americano, come ha poi affermato lei stessa “la cosa più importante è che io non sia l’ultima”.

Discendente della tribù dei Pueblo di Laguna, Montoya-Lewis è nata nel 1968 in Spagna dove suo padre era di stanza mentre prestava servizio nell’Aeronautica militare degli Stati Uniti. Dopo una prima laurea all’Università di New Mexico, si è poi iscritta alla scuola di legge dell’Università di Washington, laureandosi nel 1995. Non contenta ha poi ottenuto un master in assistenza sociale perché “voleva fondere la sua formazione giuridica con la comprensione di come la legge influisce sulle persone”.

Da quel momento in poi è cominciata la sua eccellente carriera: è stata professoressa alla Western Washington University e ha ricoperto il ruolo di giudice capo per tre tribù di nativi americani dello stato di Washington: i Nooksack, gli Upper Skagit e i Lummi. Ha anche prestato servizio presso la Corte superiore di Washington dal gennaio 2015 al dicembre 2019, mese in cui è stata annunciata la sua nomina alla Corte suprema. La cerominia di giuramento si è svolta il 6 gennaio nella città di Olympia.

Un curriculum che è stato elogiato dal governatore di Washington Jay Inslee, dicendo che per l’identità del giudice Montoya-Lewis “molti si concentreranno sulla natura storica di questa nomina, ed è totalmente corretto che sia così. Ma voglio che venga registrato che il giudice Montoya-Lewis è il tipo di giudice eccezionale che voglio a servire nella più alta Corte del nostro stato perché è la persona migliore per questo lavoro”.

Durante la conferenza stampa che si è tenuta per annunciarne la nomina, un giornalista ha chiesto a Montoya-Lewis quali sono secondo lei i maggiori problemi connessi ai pregiudizi inconsapevoli nell’ambito giudiziario.

“Il più grande ostacolo è far capire alla gente che tutti noi siamo vittime di pregiudizi nei nostri processi decisionali, ed è un’azione trasversale – io lo faccio, tu lo fai, tutti noi lo facciamo”, ha risposto Montoya-Lewis. “Questo è spesso, nei miei corsi di formazione, il primo punto da cui dobbiamo partire: capire che non è qualcosa di cui essere imbarazzati, ma qualcosa da riconoscere”.

Montoya-Lewis non ha poi mancato di parlare del proprio bagaglio identitario e culturale. Riguardo all’edificio che ospita la Corte suprema di Washington, ha confessato che, attraversandolo, il suo primo pensiero è stato che i corridoi e i gradini del palazzo non sono stati costruiti avendo in mente persone come lei.

Ma è altrettanto vero che l’essere contemporaneamente ebrea e discendente di tribù di nativi americani le ha insegnato cosa vuol dire lottare per la giustizia.

“Sono stata cresciuta per ricordare che vengo da coloro che sono sopravvissuti. I miei antenati di entrambe le parti della mia famiglia sono sopravvissuti al genocidio, sono sopravvissuti ai collegi istituzionali, sono sopravvissuti ai tentativi di sradicare le loro culture, eppure, come mi ricordava spesso mio padre, ‘siamo sopravvissuti'”, ha detto Montoya-Lewis dopo la sua nomina. “Sono qui grazie alla loro resistenza, al loro coraggio, alla loro intelligenza e al loro profondo impegno per ciò che è giusto”.