Thailandia, al lavoro per la Bibbia degli Akha

Thailandia, al lavoro per la Bibbia degli Akha

Sui monti della Thailandia ai confini con il Myanmar, dove i missionari del Pime svolgono il proprio ministero tra le minoranze tribali, è iniziato un grande progetto per i cristiani akha. Primo passo: mettersi d’accordo su come tradurre le 4000 parole fondamentali per raccontare la fede

 

Raccontare la storia della Salvezza nella propria lingua tradizionale. Facendosi aiutare dai primi due sacerdoti del proprio popolo a scegliere le parole giuste per dire la fede. Nello scorso fine settimana a Mae Suai, una delle missioni del Pime sulle montagne della Thailandia al confine con il Myanmar, si è aperto un “cantiere” molto importante per gli akha, una delle minoranze tribali che vivono in questa regione. Per la prima volta infatti i rappresentanti di tutte le comunità cattoliche di questa etnia si sono riuniti per iniziare un progetto ambizioso: la traduzione della Bibbia nella lingua degli akha.

“Per noi missionari del Pime, presenti in queste zone da 47 anni, è un sogno che si sta realizzando – spiega padre Marco Ribolini, dalla missione di Mae Suai -. La maggior parte dei nostri cristiani è proprio di etnia akha, anche se qui ci sono pure i lahu che seguiranno in questo stesso processo. La nostra missione ha sempre lavorato nella traduzione dei testi liturgici in akha. che è una lingua ancora prevalentemente orale. I primi a metterla per iscritto siamo stati proprio noi missionari, seguendo due grandi direttrici, una di stampo protestante, l’altra di stampo cattolico. Ma resta una lingua incerta, mancando di una letteratura locale”

Il Pime ha cercato di investire forze nello studio e nell’inserimento culturale e linguistico all’interno di queste tribù soprattutto nella diocesi di Chiang Rai, l’ultima nata in Thailandia, distaccata da quella di Chiang Mai. “Abbiamo sempre tradotto i libri liturgici – racconta padre Ribolini -. Ma l’idea che ci è venuta è quella di proseguire questo lavoro per cercare di creare una base comune a tutti gli akha che vivono in Thailandia. Abbiamo così invitato tutti i preti che in tre diocesi diverse della Thailandia (Chiang Rai, Chiang Mai e Nakhon Sawan) lavorano con gli akha chiedendo che per ciascuna missione dove è presente questa enia ci fossero dei rappresentanti”.

Il primo passo è creare un dizionario comune di termini sia biblici sia teologici, che costituirà la basa condivisa per continuare il lavoro di traduzione dei vari libri liturgici, ma anche della Bibbia o per altri lavori che riguardano la traduzione di testi del magistero o testi spirituali. “La prima tre giorni di lavori – continua padre Ribolini – ha registrato un entusiasmo incredibile da parte dei partecipanti. Il popolo akha era alla ricerca di qualcosa che li rappresentasse, li riunisse offrendo il segno tangibile della loro presenza, cultura, identità, anche in riferimento alla fede. Abbiamo toccato con mano con grande gioia la grazia del Signore che si manifesta qui, ma anche la riconoscenza nel constatare che la Chiesa cattolica si interessa e vuole imparare a predicare il Vangelo secondo la lingua e le modalità congeniali al popolo di questa etnia”.

Il progetto può contare anche su un dono particolare: la presenza in Thailandia di due preti di etnia akha ordinati recentemente; si tratta del betharramita padre Tar – sacerdote ormai da alcuni anni e oggi parroco di Fang, gloriosa ex missione del Pime fondata dal padre Giovanni Zimbaldi 47 anni fa – e poi padre Nathi, missionario del Pime ordinato nel giugno scorso, che si prepara a partire per le Filippine. “La loro presenza è stata una benedizione – racconta ancora padre Ribolini – perché ha offerto la possibilità di avere all’interno di queste commissioni la profondità teologica per aiutare a portare avanti la discussione sulle parole della fede senza la mediazione della lingua thailandese”.

L’incontro di Mae Suai è stato solo un inizio: “Abbiamo identificato una lista di circa 4000 parole che dovranno essere tradotte. I catechisti hanno l’elenco, dovranno cominciare a rifletterci a casa. Dopo di che ogni tre mesi ci si incontrerà, divisi in due sottocommissioni: una dedicata più specificamente al dizionario biblico, l’altra sulle parole della teologia, come Trinità o i nomi di Dio piuttosto che i termini ecclesiali. Per esempio in questa prima sessione una grande problematica è nata intorno ai nomi dei sacramenti: finora gli akha li hanno mutuati direttamente dall’italiano, per cui li conosce come battesimo, piuttosto che matrimonio o eucaristia. Ci siamo chiesti se vale la pena cambiarli con termini direttamente akha che hanno un significato simile ma non sono completamente corrispondenti? Ci sono ipotesi diverse che varrà la pena trattare prima in commissione e poi in plenaria. Terminato infine questo discernimento tutto il lavoro verrà presentato ai tre vescovi delle nostre diocesi, in modo che diano un parere su questo lavoro. E se sa sarà positivo e se Dio ci assiste andremo avanti con il progetto di tradurre tutta la Bibbia. Ma parallelamente verranno presentati anche dei piccoli dizionari biblici e un dizionario completo della lingua akha, perché in Thailandia ne esiste solo uno in lingua inglese e con un tipo di scrittura che non è quella utilizzata dai cattolici”..

Il progetto vede coinvolte anche le Pontificie Opere Missionarie, che l’hanno fortemente sostenuto. Tutto il materiale verrà raccolto anche con strumenti audiovisivi in un’applicazione per cellulari in modo da essere costantemente a disposizione dei catechisti che vivono sui monti. La maggior parte dei villaggi, infatti, è ormai raggiunta dalla rete mobile per cui questi strumenti oggi possono aiutare la missione a essere presente anche nelle aree in mezzo alla foresta, che altrimenti verrebbero visitate solo poche volte durante l’anno.