I piccoli segni del Natale in Myanmar

I piccoli segni del Natale in Myanmar

Alla periferia di Yangon – grazie a padre Barnabas e New Humanity, proprio durante la pandemia – sta nascendo un nuovo progetto per un «community college». Il racconto di Alessandro Albani, missionario laico del Pime: «Spero sia come la cometa, un dito puntato sulla Bella Notizia che giunge dopo tanta attesa»

 

Cari amici e care amiche,

da settembre, la condizione pandemica del Myanmar è migliorata, ma troppo poco per poter permettere agli operatori umanitari di tornare a lavorare sul campo. Certo, si continua a fare del proprio meglio lavorando dagli uffici e da casa, ma la verità è che non si può avere un impatto positivo sulla realtà senza incontrarla di persona, senza parlarci, stringerle la mano, abbracciarla. Questi tre mesi e mezzo sono stati tempo di attesa di belle notizie, che purtroppo tardano ad arrivare.

L’attesa di tornare al lavoro, di un segnale positivo, ma, soprattutto, di una buona notizia, mi fa inevitabilmente pensare all’avvento, tempo di attesa per eccellenza, il quale si conclude non con l’arrivo di una buona notizia qualsiasi, ma con la notizia più bella di sempre: Gesù.

La Bibbia suggerisce che dopo l’attesa arriva sempre una bella notizia (così è stato per le tribù di Israele che hanno aspettato quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la terra promessa, così è stato per il popolo d’Israele esiliato in attesa di tornare a Gerusalemme), spronando a non perdere la speranza, nonostante la situazione che stiamo vivendo in tutto il mondo si stia protraendo troppo a lungo. Immerso in queste riflessioni, durante l’avvento di questo Natale diverso da tutti gli altri che abbiamo vissuto, mi colpisce in particolare la discrezione con cui la Buona Notizia entra nel mondo e nella storia. Dio nasce quasi nell’anonimato, si incarna in un bambino figlio di un carpentiere, in una famiglia ai margini, lontano dal centro del mondo antico che era Roma, in una mangiatoia. Eppure qualcuno che ha colto la straordinarietà dell’evento sin da subito c’è stato: i pastori e i magi.

In questo Natale mi piacerebbe diventare un po’ pastore e un po’ magio: capace di leggere la straordinarietà che si cela dietro la discrezione e l’anonimato di certi eventi e notizie che a volte ci passano accanto, sfiorandoci appena, e di cui ci sfugge la bellezza e la bontà. Vorrei essere capace di riconoscere le belle notizie anche in questo tempo in cui sembrano morte. Vorrei essere capace di volgere lo sguardo alla foresta che cresce e non all’albero che cade. In questa notte scura che ci accompagna da mesi, vorrei essere capace di riconoscere la cometa che si ferma sulla grotta.

A tal proposito vorrei raccontarvi di Padre Barnabas Arockiasamy, sacerdote del PIME e pioniere di neo(ri)nata missione in Myanmar, in quanto è qui da più tempo rispetto agli altri (dal 2014, siamo ancora agli inizi!). Come accennavo, qui è ancora tutto in uno status di immobilità che a tratti spaventa. Tuttavia, in questa paralisi generale, una debole luce sta sorgendo, un minuscolo seme sta iniziando a germogliare. Lavorando con il sostegno di New Humanity International in questo secondo lockdown, padre Barnabas è riuscito ad avviare lo studio di un nuovo progetto nella township di Dalla, qui a Yangon.

Dalla è un’area periferica della metropoli, molto più simile ad un villaggio di campagna che non ad un quartiere di città, in cui vivono quasi esclusivamente famiglie di condizione umile. Una specie di sobborgo periferico di pendolari che ogni giorno, attraversando il fiume di Yangon, raggiungono Downtown per lavorare. In questo contesto, nei mesi di ottobre e novembre, padre Barnabas ha iniziato a prendere i contatti con la gente del posto, distribuendo viveri e beni di prima necessità alle persone più povere che, vivendo di economia informale, si sono trovate senza lavoro a causa delle chiusure imposte dal governo. Ciò ha permesso agli abitanti di Dalla di conoscere padre Barnabas e, soprattutto, di scoprire il progetto che, nel rispetto di tutte le norme igieniche anti Covid, verrà avviato nei prossimi mesi.

Si tratta di un community college: un’istituzione che offre un buon livello di preparazione pratica rispetto ad alcune abilità spendibili facilmente nel mondo del lavoro, come la lingua inglese, la contabilità e l’utilizzo del computer. Si potrebbe dire che si tratta di un corso annuale intensivo di avviamento al lavoro che ha come target ragazzi e ragazze che non sono riusciti a terminare le scuole superiori o che non hanno voluto o potuto frequentare l’università. I giovani del posto hanno già mostrato un forte interesse ma purtroppo non sarà possibile accoglierli tutti, almeno inizialmente, a causa delle restrizioni. Si prevede infatti di iniziare con solo due classi da cinque studenti l’una. Comunque, in questa fase di studio del progetto, la casa che ospiterà il community college è già diventata un piccolo punto di riferimento per le famiglie che abitano intorno.

Dieci studenti in una città di sette milioni di persone. Un luogo in cui incontrarsi per qualche decina di famiglie in una metropoli. Praticamente niente. Considerando come è stato il 2020, tuttavia, questa partenza del community college per me è simbolo di tutte quelle belle notizie silenziose sepolte dal male e dalla bruttezza che oggi sembrano regnare incontrastati. Spero anche che questo progetto nato nel bel mezzo della pandemia sia come la cometa: un dito puntato sulla Bella Notizia che giunge dopo tanta attesa.

Prima di farvi gli auguri vorrei ringraziarvi per la straordinaria generosità che state dimostrando in risposta alle due iniziative portate avanti dalla comunità parrocchiale di Carugate. Vi ringrazio dal profondo del cuore, da parte mia, di New Humanity International, ma soprattutto da parte dei ragazzi del riformatorio di Nghet Awe San, veri destinatari della vostra generosità.

È con il cuore pieno di gratitudine che vi auguro di riuscire a celebrare al meglio la più Bella Notizia che è l’incarnazione di Dio in Gesù, in questo Natale all’insegna della semplicità e dell’intimità.

Vi abbraccio a distanza e vi custodisco nella preghiera, come spero facciate anche voi.

Pace e bene e speranza a tutti.
Buon Natale d’Amore

Ale Albani