Il testimone di Mosul: dopo l’Isis ora senza nulla contro il Covid

Il testimone di Mosul: dopo l’Isis ora senza nulla contro il Covid

In queste ultime settimane in tutto in Medio Oriente i numeri del Coronavirus sono tornati a salire. Tra i Paesi più colpiti l’Iraq con oltre 500 vittime nell’ultima settimana. E Omar Mohammed – il «Mosul Eye» che di nascosto raccontava on line le barbarie dell’Isis durante l’occupazione – denuncia: «Da Baghdad niente test per noi, ma i casi sospetti qui sono ormai migliaia»

 

Nella geografia del Covid19 in questi ultimi giorni sta tornando prepotentemente alla ribalta il Medio Oriente: da Israele all’Iran, dalla città palestinese di Hebron all’Egitto si rincorrono le notizie di nuovi focolai di contagio in quella che sembra avere tutte le caratteristiche di una nuova ondata. Nel quadro generale particolarmente grave appare la situazione dell’Iraq dove gli effetti del Coronavirus sembrano farsi più sentire molto più ora che qualche mese fa. A ieri il conteggio ufficiale dei morti era salito a quota 1251 di cui oltre 500 sono vittime registrate nella sola ultima settimana. In Italia se n’è parlato solo incidentalmente, per citare la morte di Ahmed Radhi, il più famoso calciatore iracheno. Ma la scomparsa di questo ex-atleta cinquantaseienne è solo la punta dell’iceberg; e a rendere la situazione ancora più preoccupante è l’estrema precarietà delle condizioni di vita in questo Paese, che da decenni non trova una pace vera, per via delle tossine pesanti rimaste in circolo tra guerre, interessi sul petrolio e divisioni settarie.

In questo contesto vale la pena di segnalare un grido di allarme giunto in queste ore da Mosul, la seconda città del Paese divenute tristemente famosa nel 2014 per la conquista dell’Isis che proprio da lì proclamò la restaurazione del cosiddetto Califfato. Da tre anni ormai è stata liberata dalla presenza delle milizie jihadiste, ma al prezzo di una devastazione pesantissima: a dominare tutt’ora ampie zone della città sono le macerie e nel tentativo di rinascere non sono stato certo d’aiuto la pesante crisi politica irachena e le ambiguità dello strano gioco di interessi tra Teheran, Riyad, il Kurdistan e Washington. Giochi di potere e vere e proprie guerre di attrito contro i quali da mesi ormai protestano i giovani iracheni.

Ecco: anche qui oggi il Coronavirus avanza. E a raccontarlo è un testimone d’eccezione, il professor Omar Mohammed, noto in tutto il mondo per il suo blog «Mosul Eye», cioè «lo sguardo di Mosul». Fu proprio durante il periodo più nero della barbarie dell’Isis Mohammed, un docente di Storia all’Università di Mosul, aprì in forma anonima questo blog attraverso il quale – non senza rischi personali, ovviamente – faceva uscire notizie sulla vita in città e sulle atrocità commesse dai jihadisti. Una volta finito quell’incubo il professor Mohammed ha svelato la sua identità, continuando a tenere vivo il blog e i suoi canali social per non spegnere i riflettori su Mosul. In questi tre anni ha raccontato i tanti tentativi di rinascita della città, con un’attenzione particolare anche al ritorno delle comunità cristiane.

Ebbene, ieri Mosul Eye ha pubblicato un post molto preoccupato sulla reale situazione del Coronavirus a Mosul. Racconta di aver parlato con il responsabile locale dell’emergenza Covid e di aver appreso che sono già almeno 2000 i casi sospetti; ma swono stime apporrsimative perché da Baghdad non arrivano i dispositivi necessari per indagini approfondite, né la reale possibilità per le autorità locali di controllare la situazione.

Gli ospedali – ancora pesantemente danneggiati – sarebbero pieni di casi di Covid19. Su appena 200 test effettuati i positivi sono risultati 20. Ma anche questi casi individuati sono stati lasciati insieme agli altri pazienti perché in una città in macerie non ci sono strutture adatte per la quarantena. Quindi il rischio che infettino anche tutti gli altri è molto forte. Per di più dei 20 respiratori a disposizione dei pochi reparti di terapia intensiva ben cinque sono fuori uso.

Le schermaglie tra le forze che tuttora si scontrano nella politica irachena finiscono per acuire i problemi. Il governo locale – racconta il professor Mohammad – preme per requisire gli stabili dell’Università, che in questi mesi stava provando a rinascere. Questo perché altri edifici più idonei in aree periferiche delle città sono nelle mani delle PMU, le milizie filo-iraniane, che non vogliono comunque cederle al governo. «Ma trasferire i malati di Covid all’Università sarebbe un disastro – scrive Mosul Eye – perché quei locali non sono idonei e per di più – trovandosi nel centro della città – difficili da isolare davvero». Di qui l’appello agli organismi internazionali che per ora, però, non hanno dato alcun frutto. E giorno dopo giorno l’epidemia avanza.

Le guerre del Golfo, al Qaida, l’Isis, la mano lunga di Teheran e adesso anche il Coronavirus: è davvero senza fine il Calvario di Mosul. Che anche questa volta rischia di consumarsi nel silenzio di un mondo che non ha più nemmeno le lacrime da versare per l’Iraq.