Treviso, un secolo di passione missionaria

Treviso, un secolo di passione missionaria

Il prossimo 18 giugno una celebrazione ricorderà i primi cento anni di presenza del Pime in terra veneta. Una storia ricca da cui ripartire per immaginare il futuro, come raccontano i membri della comunità

Il largo corridoio dell’ex convento francescano risuona di voci giovani. «Un gruppo di scout sta vivendo una settimana residenziale qui», spiega padre Ferdinand Kouadio facendomi strada nell’edificio contiguo alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Treviso, nota come Chiesa Votiva. Il missionario 46enne, originario della Costa d’Avorio, è attualmente il rettore della casa del Pime che dal 2019 ha trovato posto in questa importante parrocchia del centro città, dopo 23 anni di permanenza a Vallio di Roncade.

«L’Istituto ha siglato un accordo con la diocesi – racconta padre Ferdinand, che ha in curriculum anche sette anni di missione in Messico – e così abbiamo ottenuto in uso metà della struttura: noi collaboriamo con il parroco e portiamo avanti l’impegno di animazione missionaria nel Trevigiano e nel Triveneto». Proprio nell’adiacente chiesa di mattoni rossi, edificata nel 1925 e ricostruita dopo il bombardamento del 7 aprile 1944, il prossimo 18 giugno una celebrazione solenne ricorderà i primi cento anni di presenza del Pime a Treviso. Da quando, nel 1922, il vescovo Giacinto Longhin aprì le porte alla nuova Casa apostolica per le Missoni Estere nella canonica di San Martino, sono stati 150 i missionari che da questa terra sono partiti per portare il Vangelo in ogni angolo del mondo.

Oggi tante cose sono cambiate, basta guardare i volti dei padri seduti attorno alla tavola per il pranzo: oltre al rettore africano c’è padre Fel Catan, che viene dalle Filippine ed è il responsabile dei cammini di animazione per i giovani. Negli altri posti siedono tre “veterani”: padre Silvano Zoccara­to, con alle spalle una vita di missione tra Camerun e Algeria, padre Luciano Benedetti, per oltre trent’anni nelle Filippine, e monsignor Cesare Bonivento, vescovo emerito di Vanimo, in Papua Nuova Guinea, dove ha operato per 37 anni. «Siamo una comunità molto variegata eppure bella, unita», esordisce proprio monsignor Boni­vento. «Ricordando il nostro fecondo passato e lo spirito pionieristico delle origini, cerchiamo nuove vie e modalità adeguate ai tempi per guardare al futuro». Lui – racconta – collabora strettamente con il vescovo monsignor Michele Tomasi: «In questo periodo dell’anno, in particolare, mi chiama spesso per amministrare le Cresime». Il legame privilegiato con le diocesi del Triveneto è una delle priorità che il gruppo di padri punta a recuperare, memore delle esperienze degli scorsi decenni tra cui i gemellaggi in missione.

Padre Ferdinand è, lui stesso, uno dei frutti di questo legame: «Nella mia diocesi di Bouaké – ricorda – operavano tra gli altri padre Giovanni de Franceschi del Pime e don Michele Stevanato, un fidei donum di Gorizia che era il mio parroco. C’era anche don Paolo Zuttion, per 12 anni in Costa d’Avorio a fianco dei malati di mente. Fu grazie alla loro testimonianza che decisi di diventare sacerdote».

Oggi Ferdinand è, tra l’altro, il collaboratore del parroco della Chiesa Votiva: «Noi padri celebriamo principalmente alcune Messe e siamo a disposizione per le confessioni, mentre sul fronte delle attività di animazione missionaria abbiamo dei programmi specifici del Pime e operiamo in rete con altre realtà a livello diocesano e regionale, come il Centro missionario di Treviso e quello di Vittorio Veneto, il Suam e Missio del Triveneto, e poi gli altri Istituti tra cui i Saveriani, i Padri Bianchi, le suore dell’Immacolata, i laici della Consolata…», spiega.
Buona parte delle energie sono rivolte al mondo giovanile, come racconta padre Fel, che nella Casa di via Venier è arrivato a giugno del 2020: «Eravamo in piena emergenza pandemia, ma abbiamo cercato di mantenere un legame con i ragazzi e di proporre attività compatibili con le restrizioni. È nato in quel contesto, quando non era possibile programmare viaggi in missione, il nuovo gruppo “In’ Lak Ech” (espressione maya che significa “tu sei un altro me”), con cui facciamo servizio ai poveri qui in città». Un’es­pe­rienza talmente positiva che si è trasformata in un nuovo Cammino, a fianco del “classico” Giovani e Missione, che quest’estate vedrà alcuni ragazzi partire per l’estero, e delle Giornate di ricerca missionaria.
Oltre a celebrare regolarmente la Messa per un gruppo di giovani neocatecumenali che si riuniscono in una struttura vicina alla Casa del Pime, padre Fel insegna anche religione al Collegio diocesano Pio X: «Ho otto classi del Liceo», spiega. «È un’occasione preziosa di evangelizzazione, perché ho a che fare con ragazzi spesso confusi sulle loro priorità e i loro desideri, in fase di scelta, a volte di difficoltà. Io parlo con loro e c’è chi decide di aprirsi: di recente due allievi che si dichiaravano atei mi hanno chiesto di confessarsi. Ora, al momento della preghiera, vedo che anche loro fanno il segno della croce…».

C’è poi il fronte dell’animazione presso le parrocchie. «Venia­mo chiamati per tenere giornate e ritiri in preparazione ai Sacramenti, ma saremmo disponibili per fare di più», ammette padre Ferdi­nand. Tuttavia – interviene padre Luciano – «è necessario trovare le modalità adatte al contesto veneto, diverso per esempio da quello lombardo. Qui non ci sono oratori aperti regolarmente nei weekend: a parte in estate, quando c’è il Grest, i ragazzi sono più coinvolti in attività sportive, dal calcio al ciclismo, anche organizzate da realtà legate alla Chiesa».
Una delle forme con cui il Pime opera, a livello parrocchiale e nelle scuole del territorio, è l’Ufficio Educazione alla Mondialità, coordinato da Francesca Maran­gon. «Collaboriamo con molti istituti della provincia, dall’infanzia alle medie, organizzando laboratori su temi come l’intercultura, la custodia del creato, la legalità…», spiega la giovane responsabile. «Portiamo una voce missionaria – oltre ai padri, con noi collabora stabilmente suor Ornella Garzetti dell’Immacolata – e poi cerchiamo di tradurre il nostro messaggio nella vita quotidiana. Per esempio, se presentiamo il progetto dei pozzi in Camerun, spieghiamo le buone pratiche per non sprecare l’acqua, avendo a cuore chi non ne ha a sufficienza». E se la Mondialità propone anche percorsi rivolti agli insegnanti (negli scorsi mesi hanno partecipato in 150), per le parrocchie organizza i sabati di animazione missionaria – «quest’anno al centro è il progetto “Adottiamoci” con i ragazzi della Thailandia» -, la formazione residenziale per gli animatori nella casa del Pime e giornate ad hoc durante gli oratori estivi. Ci sono poi i campus per i bambini: «Per la prima volta, quest’estate uno coinvolgerà anche la fascia 3-6 anni».

Come viene intercettato, invece, il mondo degli adulti? Sul tema si accalora padre Silvano, appena tornato da una testimonianza alle giovani ospiti scout: «Un tempo la gente era legatissima al nostro seminario di Treviso e in molti avevano contribuito a costruire quello di Preganziol, aperto nel ’67, che era una casa non solo per i padri residenti ma anche per quelli di passaggio e per i fidei donum locali. Oggi, dopo la lunga parentesi di Vallio, dobbiamo tornare a farci conoscere, far sapere che siamo ancora qui!». Eppure – sottolinea padre Ferdi­nand – «già c’è un gruppo di laici adulti che fanno riferimento al Pime e ci aiutano nelle nostre iniziative. Sta a noi trovare le modalità per rendere significativa la nostra presenza. La testimonianza più forte, prima ancora di andare nelle parrocchie a parlare, è essere una comunità coesa, dove regna la concordia». Con le radici che affondano in una ricca storia centenaria e i rami pronti ad allungarsi verso le dimensioni più nuove della Chiesa e della società, i frutti non potranno mancare. MM