Baba Simon, primo venerabile del Camerun   

Baba Simon, primo venerabile del Camerun  

Ispirato dalla spiritualità di Charles de Foucauld, diventa primo evangelizzatori dei popoli del Nord, in particolare dei kirdi, missionario povero tra i poveri. Il ricordo di padre Zoccarato del Pime, che lo ha conosciuto

Sabato 20 maggio 2023, Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Simon Mpeke, conosciuto come Baba Simon, sacerdote diocesano, nato intorno al 1906 e morto il 13 agosto 1975 a Édéa in Camerun. È conosciuto come il “padre dei kirdi“, un’etnia del Nord del Paese di cui è stato l’evangelizzatore.

Ho incontrato più volte Baba Simon a Tokombere, vicino ai Piccoli Fratelli del Vangelo di Mayo Uldeme. Avevo lasciato, nel marzo del 1974, la missione di Ambam del Sud del Camerun per cominciare la missione di Guidiguis nella diocesi di Yagoua nel Nord. Era un momento straordinario per lo sviluppo missionario di quelle zone di savana e di montagna. Era vivere e annunciare il Vangelo tra popolazioni in situazione di povertà, di sottomissione al mondo musulmano e di vita dentro tradizioni secolari e naturali. In quel momento tra noi missionari, frequente era il discorso su Baba Simon, primo prete fidei donum camerunese, di tutti amico esemplare.

L’ho visto sempre a piedi nudi e con la povera sottana, in dialogo con tutti. Vivendo la missione, poco lontano da lui, lo sentivo testimone di Gesù ed esempio di missionario povero tra i poveri. La vita di Simon Mpeke, tutta donata alla gente di varie lingue, culture e religioni è stata una testimonianza di chiesa africana che muove i primi passi e che diventa missionaria.

Simon, nato nella famiglia Adié, era entrato nel 1924 nel piccolo seminario di Mvolyé, a Yaoundé. Fa parte dei primi otto preti camerunesi ed è ordinato nel 1935. Prima vicario in diverse missioni cattoliche della regione della Sanaga Maritime, diventa parroco della parrocchia di New-Bell à Douala, praticamente creata da lui. Lascia questa città per il Nord nel 1959 e si stabilisce a Tokombéré. Primo prete africano ad arrivare in quella regione e a rispondere alla chiamata missionaria che lo spingeva tra popolazioni non evangelizzate del Nord che avevano sempre rifiutato la dominazione musulmana.

Nel febbraio 1951, suor Magdaleina Hutin, fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù, arriva a Douala e su invito di monsignor Bonneau, si reca a New-Bell, dove rimane colpita dal fervore che vi regna. Bonneau era molto aperto nei confronti della nuova forma di presenza al mondo proposta dai Piccoli Fratelli e dalle Piccole Sorelle di Gesù. Accoglie i Fratelli e li pone nel quartiere di New-Bell in mezzo ai malati di lebbra. Simon sarà il confessore di questa fraternità.

Nel 1953, durante un viaggio in Camerun, padre Voillaume, vero “fondatore” della corrente di spiritualità foucaultiana, viene a Douala. Così annota nel suo diario: «Ho visto a lungo don Simon, parroco di New-Bell, e ho pranzato con loro in parrocchia. Credo che l’istituto secolare vada seriamente inserito nel clero camerunese… Sono sicuro che quest’anno lascerà molto il segno nello sviluppo del postulato e nell’inizio dell’istituto secolare tra i camerunesi».

Nel frattempo, Guy Riobé, segretario dell’Unione sacerdotale dei Fratelli di Gesù, commentando l’enciclica Fidei Donum, da poco pubblicata, così dichiara: «Bisognerebbe che l’unione e ciascuno di noi, si mettesse in totale disponibilità e in generosa apertura a tutto ciò che Gesù ci chiederà per renderci sempre più presenti di spirito, di cuore e d’anima all’Africa intera».

Monsignor Yves Plumey vescovo o.m.i. e grande missionario nel Nord Camerun, sempre più ardentemente desidera l’installazione di un ramo attivo della fraternità dei Fratelli di Gesù a Mayo-Ouldeme; incalza monsignor Mongo per ottenere dei preti camerunesi dell’Unione. Durante questo periodo, Simon ritorna da monsignor Mongo che gli dice: «Tu mi domandi di andare nel Nord del Camerun? Non ti permetto di andare, amico mio: sono io che ti invio, perché penso che il cristianesimo in Camerun non sarà solido fin quando non poggerà su due piedi: il Sud e il Nord. Ti aiuterò come posso».

Superata la soglia dei 50 anni, una nuova fase si apre per questo cercatore di Dio. È parroco influente della più grande parrocchia di Douala. Vedendolo partire i suoi amici lo prendono per pazzo. Mongo, commentando l’avvenimento, dirà: «Sarà la nostra risposta personale alla Fidei Donum, sperando che la Francia venga in nostro soccorso, rispondendo all’appello di Pio XII».

Simon scrive ai fratelli dell’Unione: «Resterò membro dell’Unione in mezzo ai Kirdi». Meglio comunque chiamarli “pagani” o “non iniziati”… Su un milione e mezzo di abitanti del Nord Camerun, un milione circa è di etnia kirdi, cacciati dalle loro terre e dalle loro coltivazioni – in seguito al loro rifiuto di sottoporsi ai musulmani – e costretti poi a stabilirsi su montagne dal suolo molto duro e poco adatto alla coltivazione. Nel 1958, padre Voillaume, di passaggio a Mayo-Ouldeme, si rallegra di una svolta imminente: il suo pensiero va, infatti, all’arrivo di don Simon Mpeke che si sarebbe affiancato ai Piccoli Fratelli del Vangelo. Aggiunge: «Spero che possa abituarsi e comprendere bene queste popolazioni talmente diverse da quelle del Sud».

Aveva capito i kirdi

Appoggiato sulla certezza che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, Baba Simon pensò che fosse urgente dare ai kirdi gli strumenti per liberarsi da ogni schiavitù. Significava insegnare loro a uscire dalle proprie miserie e accedere alla vita cristiana. A lui competeva dare gli strumenti e chiamare. «Il resto – diceva – ciò che è principale, e cioè la conversione, appartiene a Dio. Il nostro ruolo si riduce a quello di seminatore. Dobbiamo lavorare senza preoccuparci del risultato; il battesimo dipende da una decisione personale per la quale ognuno si impegna sul cammino di una vita nuova. Il fine rimane Dio, il fine non siamo noi. E Dio si incontra nella libertà».

Per lungo tempo il governo coloniale aveva provato a far scendere i kirdi dalle montagne e a scolarizzare la popolazione, ma tutti gli sforzi avevano sempre incontrato una tenace opposizione. Questi uomini delle montagne resistevano a ogni tentativo che era visto come un’aggressione culturale che non teneva conto dell’identità del popolo. Anche Baba Simon insistette sull’importanza della scuola. Egli capì, però, che si trattava di conquistare innanzitutto la fiducia dei kirdi. Questa è possibile nella conoscenza reciproca, nella presenza continua in mezzo al popolo, laddove esso vive, soffre, ama, lavora, prega. Da qui nacque quella che fu chiamata «la scuola sotto l’albero». Una scuola sotto gli occhi di tutti, nel cuore della vita dei kirdi.

Lo spirito non muore

Un giorno del 1976, mi sono fermato a casa del vecchio Digdan, un pensatore… Insieme ci raccontiamo i ricordi. E arriviamo alla grande disgrazia di tutte le montagne: la morte di Baba Simon. Gli offro la foto-ricordo. Con mia sorpresa la prende con due mani e dice: «Oussé,! (“grazie”). Baba, Baba Simon, oussé, oussé!». Gli sorride, scuote la testa, parla rapidamente. Una delle sue donne si avvicina; do anche a lei la foto. La prende in mano e con fervore anche lei dice: «Oussé, Baba Simon» per una decina di volte. Mi azzardo a pensare ad alta voce: «Ed ora dov’è Baba Simon?». Il vecchio Digdan riflette silenzioso e poi: «Ci sono due cose: il corpo di Baba Simon è come il miglio che resta per terra, come l’erba non raccolta, come un albero che cade. Tutto questo diventa terra. Baba diventa terra. E poi c’è lo spirito e lo spirito se ne va a Jigla (Dio) e vive». «Com’è lassù, presso Dio? Jigla nessuno lo conosce, nessuno l’ha visto, nessuno può dire com’è la casa di Dio. Chi dice: “io so!”, è un menzognero…». Io ascoltavo in silenzio. «La vita continua: io, Digdan, quando morirò, ho dei figli che hanno dei figli, la mia vita continua». «E Baba che non ha figli?». «Baba è il padre del nostro spirito, e lo spirito non muore mai!». (Jeanne Michel)

Il ricordo di Papa Benedetto

Durante il suo viaggio in Camerun, nel marzo 2009, Papa Benedetto XVI ha menzionato: «Simon Mpeke, che i fedeli cameruneni chiamano affettuosamente “Baba Simon”». «È necessario che il vostro stile di vita esprima con precisione ciò che vi fa vivere… Un esempio vi stimola particolarmente a ricercare questa santità di vita, quello di padre Simon Mpeke, chiamato Baba Simon. Voi sapete come “il missionario dai piedi nudi” ha speso tutte le forze del suo essere in una umiltà disinteressata, avendo a cuore di aiutare le anime, senza risparmiarsi le preoccupazioni e la pena del servizio materiale dei suoi fratelli».