Rendere visibile l’amore di Dio

EDITORIALE

Mentre scrivo ho ancora davanti agli occhi le immagini e le sensazioni che
mi sono portato a casa dopo un viaggio in Thailandia e Cambogia visitando
i confratelli che lavorano in quelle terre lontane. Terre tutte da evangelizzare,
perché il cristianesimo là è conosciuto da un gruppo sparuto spesso fatto di
minoranze etniche o di singoli che si convertono al cristianesimo provenendo
da una famiglia e una società completamente buddhiste. Ho visto il lavoro
instancabile di tanti confratelli che stanno dando la vita, giorno per giorno, per
annunciare il Vangelo in un contesto che non li cerca e non li attende,
eppure tremendamente bisognoso della Parola di Gesù.
Viaggiando per i monti thailandesi e le campagne cambogiane mi sono
chiesto, ancora una volta, che senso avesse una presenza come la nostra.
Percorrere chilometri in auto su strade impervie per raggiungere un
villaggio di montagna in cui celebrare i sacramenti con una piccolissima
comunità priva di un riconoscimento sociale adeguato ha senso solo se si
tiene nel cuore quanto diceva suor Luisa Dell’Orto, martire della missione
ad Haiti: «Testimoniare che si può contare sulla solidarietà che nasce dalla
fede e dall’amore per Dio e dall’amore di Dio è il più grande dono che possiamo
offrire». Il missionario fa questo: rende l’amore di Dio concreto e fruibile in
gesti e parole per raggiungere quei cuori che li stanno attendendo e cercando
senza sapere dove trovarli.
Vent’anni ad Haiti per finire così! Quanti sono i missionari che hanno perso la
vita per il Vangelo! Il Myamnar, da cui provengono le comunità con cui oggi
lavora il Pime nel Nord della Thailandia, è stata terra di martiri, uomini e donne
coraggiosi che hanno vissuto ancorati al Signore Gesù per portarne il nome in
angoli nascosti del mondo. Oggi la Chiesa vive in quelle terre anche grazie alla
loro dedizione e al loro sacrificio totale. Ce lo ricorda anche monsignor Roberto
Repole, neo arcivescovo di Torino: «L’offerta del Vangelo è gratuita, aperta alla
libertà dell’altro. Comprende la possibilità del rifiuto o dell’indifferenza»… o del
martirio, per alcuni. È questo l’atteggiamento che la Chiesa deve avere oggi
ovunque si trovi, perché la Parola di Gesù attecchisce nella scelta personale di
ognuno. Per annunciare così servono cuori appassionati di Gesù come quello di
suor Luisa, come quelli dei confratelli che ho incontrato in questo viaggio, come
quelli di tanti cristiani tra cui forse tu, che stai leggendo queste righe.