Le suore della frontiera

Le suore della frontiera

A Santa Rita do Weil, nel cuore dell’Amazzonia, le missionarie dell’Immacolata hanno aperto l’anno scorso una nuova comunità. Ridando vita a una cappella abbandonata da vent’anni

 

Per anni al sabato sera li ha tenuti insieme l’anziano Nicasio. Senza un prete a celebrare Messa, senza nessuno in grado di presiedere una liturgia della Parola, si ritrovavano per il rito che un gruppo di persone semplici può fare da solo in una chiesa: recitavano il rosario guidati da un ottantenne. Sono andati avanti così per vent’anni a Santa Rita do Weil, cittadina dell’angolo d’Amazzonia dove il Brasile confina con la Colombia e il Perù. Fino a quando – il lunedì dell’Angelo dell’anno scorso, in questo posto che nemmeno Google Maps è in grado di scovare – sono arrivate le missionarie dell’Immacolata, le suore del Pime. Religiose giunte lì semplicemente per stare con loro.

È grande quanto mezza Italia la diocesi dell’Alto Solimões, ma con una popolazione di appena 200 mila abitanti dispersi in oltre 250 comunità, distanti tra loro ore e ore di barca. Terra di frontiera in tutti i sensi: a Tabatinga, la città dove risiede anche il vescovo, passi senza alcun controllo nella città colombiana di Leticia. Dalla parte brasiliana, del resto, fino a qualche decennio fa c’era solo una guarnigione dell’esercito di guardia al grosso monolite che segna il confine; ora però è cresciuta in fretta Tabatinga, conta più di 60 mila abitanti, con il porto sul Rio Solimões come grande crocevia per quanti vanno e vengono dai villaggi. Oltre che per quei traffici illeciti che in un posto del genere trovano il loro habitat ideale. Un’umanità fatta di indios, ma anche comunità di ribeirinhos e immigrati; una sfida non indifferente anche per una Chiesa dove i frati cappuccini sono stati i grandi evangelizzatori, ma che oggi può contare su appena quindici sacerdoti tra diocesani e religiosi. Il tutto mentre pure qui, come nel resto del Brasile, in ogni villaggio spunta ogni giorno una nuova chiesa pentecostale.er anni al sabato sera li ha tenuti insieme l’anziano Nicasio. Senza un prete a celebrare Messa, senza nessuno in grado di presiedere una liturgia della Parola, si ritrovavano per il rito che un gruppo di persone semplici può fare da solo in una chiesa: recitavano il rosario guidati da un ottantenne. Sono andati avanti così per vent’anni a Santa Rita do Weil, cittadina dell’angolo d’Amazzonia dove il Brasile confina con la Colombia e il Perù. Fino a quando – il lunedì dell’Angelo dell’anno scorso, in questo posto che nemmeno Google Maps è in grado di scovare – sono arrivate le missionarie dell’Immacolata, le suore del Pime. Religiose giunte lì semplicemente per stare con loro.

Ecco allora la sfida di questa nuova presenza missionaria nel cuore dell’Amazzonia, a quasi mille chilometri di distanza (e un giorno intero di barca) da Manaus. Tra le missionarie dell’Immacolata la prima ad arrivare nella diocesi dell’Alto Solimões è stata suor Izabel Patuzzo, brasiliana. Ha vissuto l’esperienza di una comunità intercongregazionale: tre religiose di Istituti diversi, inviate da San Paolo, hanno svolto insieme un apostolato missionario a Vendaval, tra gli indios tikuna. Un’esperienza in un contesto poverissimo, ma molto ricca dal punto di vista umano, racconta suor Izabel. Al termine dei tre anni le missionarie dell’Immacolata hanno espresso al vescovo dom Adolfo Zon Pereira – saveriano spagnolo alla guida della diocesi dal 2015 – la disponibilità a restare. Ed è nata così la proposta di una presenza a Santa Rita do Weil.

La fondarono un gruppo di emigrati tedeschi giunti fin qui alla fine della Prima guerra mondiale questa cittadina sul Rio Solimões. Oggi conta alcune migliaia di abitanti, anche loro dispersi in comunità più piccole lungo il fiume, con quattro bancarelle a fare da centro cittadino vicino al molo. La parrocchia è a Sao Paulo di Olivenca, il centro amministrativo che si trova a più di un’ora di lancia, la barca veloce: là c’è anche frei Marcelo, il parroco, un giovane sacerdote proveniente dal Goiás, che si trova molto più a Sud in Brasile. Missionario in Amazzonia anche lui, perché questo è un mondo avvertito come lontano dagli stessi brasiliani. E proprio la corresponsabilità tra il Sud – la parte più ricca del Brasile – e le regioni del Nord è un tratto significativo anche della presenza delle missionarie dell’Immacolata. Per questa loro nuova missione hanno infatti riunito le loro due province brasiliane: la comunità è formata da due suore che già operavano in Amazzonia (le italiane suor Dora Scorpioni e suor Laura Valtorta, che su Mondo e Missione ci sta accompagnando nel cammino verso il Sinodo dell’Amazzonia) e altre due “donate” invece dalla comunità di San Paolo (la brasiliana suor Odette Christ e l’indiana suor Sini Thadivatil).

A Santa Rita non c’è un posto di polizia, per non parlare dell’acquedotto o del sistema fognario… Del resto, è solo una delle 73 comunità che formano la municipalità di Sao Paulo de Olivenca. Quando arriva la secca, poi, la città si allontana ulteriormente perché una parte del tragitto bisogna compierlo a piedi. Quando c’è la piena, invece, il fiume sale fino a coprire anche le strade di cemento e la canoa può servire anche per arrivare a casa.

«Che cosa facciamo noi suore qui? Per il momento non troppe cose…  – sorride suor Dora, abruzzese, la prima ad essere arrivata l’anno scorso -. Osserviamo, impariamo a conoscere questa comunità stabilendo legami di amicizia e di fiducia. Vogliamo essere una presenza rispettosa che cammina con la gente, accompagnando il suo ritmo di vita». Ci accompagna per le strade e capisci che queste «poche cose» sono già tantissimo per chi vive qui. Anche perché la realtà è complessa: a Santa Rita ci sono le comunità indigene, con i tikuna e i kokama, ma anche i non indigeni; e poi i peruviani, venuti da oltre il confine e che hanno in mano tutto il commercio sul fiume (e a volte se ne approfittano).

Le piaghe sociali poi arrivano anche qui: Tabatinga è tristemente nota per la tratta delle persone che passa pesantemente attraverso questa frontiera. Ma pure a Santa Rita ci sono i giovani sballottati tra le sirene del mondo della televisione (il cui segnale arriva…)  e la mancanza di prospettive per il futuro. E con la tentazione della droga fin troppo facilmente a portata di mano.

«Il Regno di Dio è anche qui», commenta suor Odette, senza nascondere però la fatica. A San Paolo era l’economa della comunità, venire a Santa Rita per lei è stato come tornare agli inizi. «Sono stata altre volte tra i poveri, anche in Guinea Bissau – continua -. Ma qui è diverso.

Missione per noi è essere la voce di questa gente, provare anche a difenderli dalle ingiustizie che
subiscono. Penso ad esempio a quelli che vanno per loro a ritirare i sussidi in città e poi fanno la cresta su questi soldi per i poveri: possibile che nessuno si accorga di nulla?».

Si procurano l’indispensabile bottiglia di benzina, le suore, e insieme partiamo su una canoa-taxi per una delle comunità cattoliche più vicine lungo il fiume. Chi l’ha chiamata Nuova Prosperità doveva avere un certo gusto per l’ironia: la povertà la tocchi con mano, tra casette di legno e magliette non proprio linde. Su un campetto spelacchiato i grandi giocano a pallone, perché siamo pur sempre in Brasile; ma per i più piccoli la festa è rincorrersi con suor Sini. Neanche da qui, però, si torna a casa a mani vuote: c’è comunque un ananas appena raccolto da condividere con le suore.

«Il nostro progetto pastorale è molto semplice: stare il più vicino possibile alla gente, moltiplicare presenze come questa. Essere disposti a rimanere in questi villaggi. Perché è la condizione indispensabile per un’evangelizzazione seria», ci aveva detto a Tabatinga il vescovo dom Adolfo. Parlando del Sinodo sull’Amazzonia come di un tempo di grazia che non piove però dal Cielo per questa Chiesa. «Dobbiamo lavorare come Dio ci vuole, partire dall’idea che Lui è già presente in questi villaggi molto prima di noi – ci spiegava -. La missione è prima di tutto convertirci per scoprire la presenza di Dio accanto al suo popolo».

Per suor Dora “stare accanto” oggi vuol dire anche studiare la lingua e la cultura dei tikuna, la comunità indigena più numerosa. «Vado a scuola da un battista – racconta -. Non è una lingua facile: parlano a voce bassa, a volte per dire un sì alzano semplicemente il sopracciglio…». Ma non è solo un codice da imparare, evidentemente: è un universo intero da condividere.

E’ domenica sera e ci si ritrova in chiesa davanti alla statua di santa Rita. L’anziano Nicasio è sempre puntualissimo, ma da un anno a questa parte può contare su qualcosa in più: sono le suore ora a guidare la liturgia della Parola; e con sé portano l’Eucaristia, il dono prezioso che custodiscono nel tabernacolo della loro casa. È suor Odette stasera a guidare il rito domenicale. Commenta il brano di Vangelo del giorno che è quello delle beatitudini; parla dei santi che le hanno vissute, ma in Amazzonia non può non ricordare anche suor Dorothy Stang e Chico Mendez, che hanno donato la vita per questa terra. Subito dopo questa Parola arriva anche lo spezzare del Pane con la stessa suor Odette a dar la comunione ai fedeli. Google Maps non è ancora arrivato, ma a Santa Rita do Weil adesso c’è una comunità cristiana riunita intorno all’Eucaristia. Dentro a una Chiesa dell’Alto Solimões che sul fiume si è rimessa in cammino.