Vittorio Trancanelli, tra i venerabili il medico dell’accoglienza

Vittorio Trancanelli, tra i venerabili il medico dell’accoglienza

Dal sogno della missione alla casa a porte aperte con l’associazione «Alle Querce di Mamre». La storia del medico umbro scomparso nel 1998 di cui oggi il Papa ha riconosciuto le virtù eroiche

 

Papa Francesco oggi ha autorizzato la promulgazione di otto nuovi decreti della Congregazione per le cause dei santi. E tra di loro c’è una figura di un laico italiano del nostro tempo la cui vita parla in maniera molto significativa su che cosa possa significare vivere l’apertura al mondo nella nostra quotidianità. Tra i servi di Dio dei quali è stata riconosciuta l’eroicità delle virtù figura, infatti, il medico umbro Vittorio Trancanelli, scomparso nel 1998 a soli 54 anni.

Trancanelli era nativo di Spello, dove la famiglia era sfollata a causa della guerra. Laureato in medicina, a Perugia si trasferì con la moglie Lia in occasione del matrimonio nel 1970. Insieme – negli anni del fidanzamento – avevano coltivato l’idea di una vocazione al matrimonio vissuta senza chiudersi in se stessi. Pensavano anche alla possibilità di partire per la missione. Ma proprio alla vigilia della nascita del primo figlio, nel 1976, Vittorio si ammalò gravemente. Ne uscì vivo per miracolo e pochissimi seppero che quella vicenda gli aveva lasciato in eredità anche una menomazione all’intestino. Non per questo, però, Vittorio e Lia rinunciarono all’idea di essere una famiglia che vive la propria vocazione come missione.

La frontiera quotidiana per Vittorio diventò il lavoro come medico chirurgo all’Ospedale Silvestrini di Perugia, con un’attenzione fuori dal comune ai propri pazienti che molti ancora ricordano nel capoluogo umbro. Insieme a questo, però, con Lia iniziarono anche a vivere la dimensione dell’accoglienza in famiglia, attraverso l’adozione e l’affido (accolsero personalmente sette minori per diverse ragioni in difficoltà). Non restò, però, un gesto solo loro: insieme ad altre famiglie amiche diedero vita all’associazione Alle Querce di Mamre, con l’ideale di vivere proprio come Abramo l’ideale dell’accoglienza. Tutto questo coltivando anche una profonda spiritualità biblica (e un’amicizia particolare con il popolo ebraico).

Nel 1998 il riacutizzarsi della malattia non gli lasciò scampo. E quando capì che stava per morire Vittorio Trancanelli radunò intorno al letto la moglie e i figli e lasciò loro un messaggio: «Per questo vale la pena vivere – disse -; anche se fossi diventato chissà chi, se avessi avuto i soldi in banca, avessi comprato tante case, cosa avrei portato con me adesso? Cosa portavo davanti a Dio? Adesso porto l’amore che abbiamo dato a queste persone».

Anche dopo la sua morte la sua casa ha continuato a tenere le sue porte aperte. In collaborazione con la Caritas diocesana di Perugia l’associazione Alle Querce di Mamre ha continuato ad essere un luogo di accoglienza per giovani mamme con bambini in situazione di grave disagio. Non solo dall’Italia: in oltre quindici anni dalla struttura di frazione San Marco a Perugia sono passate donne provenienti da Colombia, Equador, Perù, Brasile, Nigeria, Costa d’Avorio, Camerun, Somalia, Tanzania, Romania, Polonia, Lituania, Ucraina, Albania, Serbia, Moldavia, Cina, Cuba.

Vengono alla mente le parole che papa Francesco scrive al numero 183 dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, parlando della fecondità allargata a cui ogni famiglia è chiamata: «Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello».

Un medico e padre umbro, innamorato di sua moglie Lia, ci ha mostrato che è possibile.

 

Ospedale Silvestrini di Perugia