Dopo il Covid-19 i bambini del Malawi di nuovo a scuola

Dopo il Covid-19 i bambini del Malawi di nuovo a scuola

L’aumento dei casi di positività al coronavirus nel Paese ha portato alla chiusura delle scuole per diverse settimane. Ma per far ripatire il sistema scolastico nel rispetto delle misure di prevenzione servono risorse

 

Dopo cinque settimane di chiusura, le scuole del Malawi hanno riaperto il 22 febbraio. «L’anno scolastico, iniziato il 4 gennaio, ha dovuto fare i conti con la prima grande invasione di Covid-19 nel Paese – testimonia padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano a Balaka -: nel 2020 il Malawi era stato risparmiato dall’incedere del virus, poi però c’è stata l’invasione del contagio dal vicino Sudafrica».

Al momento, i dati ufficiali parlano di oltre 30mila casi di positività e più di 1000 decessi nel Paese. A causa della crescita dei contagi, il presidente Lazarus Chakwera aveva ordinato la chiusura delle scuole per tre settimane, a partire dal 17 gennaio. Successivamente, la restrizione era stata estesa per altri quindici giorni, data la positività al virus di alcuni insegnanti.

«Il Covid-19 ha fatto esplodere la grande povertà di tutto il sistema scolastico del Malawi, ora obbligato a colmare tanti vuoti – prosegue padre Gamba, 69 anni, bergamasco della Val Brembana -. Rimandati a casa anche gli studenti che avevano un posto negli ostelli scolastici, ora tornano tutti a scuola. Sono trascorse cinque lunghe settimane, ma purtroppo non è cambiato quasi nulla. Anche perché la situazione degli ospedali è altrettanto critica.  Il ministro della Salute dice che, da una prevalenza positiva del 30%, ora il Paese è al 16%. E quindi si può ricominciare. Il Ministero dell’Educazione ha investito l’equivalente di cinque milioni di euro per riaprire le scuole».

Soldi necessari per far fronte a varie necessità. «Acqua, mascherine, sapone, aule a sufficienza o almeno 266 tende per fare spazio ad un migliaio di classi, libri scolastici individuali, cinquemila lavagne ed oltre tremila insegnanti ausiliari: queste le necessità immediate dettate dalla riapertura delle scuole, che contano cinque milioni di alunni a livello primario e mezzo milione a livello secondario. I soldi investiti devono bastare a trivellare 600 pozzi: tutte le scuole devono avere l’accesso all’acqua potabile per il lavaggio delle mani. Serviranno anche il sapone, i secchi con un rubinetto e le mascherine, che saranno d’obbligo per poter entrare in aula. Con il sostegno di una famiglia abbiamo trivellato un pozzo, costruita la torre e sistemato un water tank dalla capienza di cinquemila litri di acqua nella scuola secondaria di Saint Louis; sulla montagna del Chaone abbiamo portato l’acqua all’ospedale locale e al Centro giovanile».

Un ulteriore problema è legato al distanziamento, ossia «alla disponibilità di un numero sufficiente di aule per gli studenti, che, specialmente nelle scuole primarie, studiano all’ombra degli alberi e hanno un insegnante ogni cento e passa ragazzi – continua padre Gamba, in Malawi dal 1976 -. La proposta è stata di distribuire delle tende da usare come classi. Tende di plastica che nel sole dell’estate africana diventeranno dei veri forni e riporteranno gli studenti all’ombra degli alberi.

Con l’aiuto di San Marino for the Children stiamo costruendo dieci aule alla scuola di Mponda. Con grande urgenza, oltre all’acqua e alle classi, servono un minimo di 3.200 auxiliary teachers, insegnanti che possano permettere la decongestione delle classi. Un’ulteriore urgenza, per poter riaprire le scuole in modo serio, è la distribuzione di testi scolastici per poter garantire la ratio di 1:1. Un testo di scuola per ogni studente, uno dei tanti sogni mai realizzati. Attualmente le scuole hanno un libro ogni 25 e passa ragazzi. L’urgenza di provvedere libri di testo permetterebbe di continuare lo studio anche durante il lockdown, quando le scuole saranno chiuse. Tante famiglie del gruppo missionario di Sala di Calolzio hanno regalato un libro ad alunno».

Alla riapertura delle scuole si intreccia anche una riflessione sulle urgenze del Paese, «che chiedono una ben più grande serietà da parte del Governo. Ad esempio, nessuno si nasconde dal fatto che il Ministero dell’Educazione intende arruolare 3.200 insegnanti e li chiama auxiliary teachers perché non intende passarli di ruolo, ma solo impiegarli per pochi mesi e poi lasciarli a casa. Serve un cambiamento nella prevenzione e lotta al virus all’interno del Malawi che si coniughi con le attese del G7, il piano UE per immunizzare tutto il mondo e i vaccini donati dai leaders mondiali per fermare la pandemia: i Paesi poveri da soli non potranno arrestare il virus. “Vogliamo lasciare un buon pianeta e non solo una buona moneta” è stato detto, un messaggio che si può finalmente tradurre con “the World first”. Grandi attese. Ma anche impegno a partire da ogni villaggio e capanna del continente africano.

E così la missione ricomincia ancora. Piccole storie per costruirci un domani senza virus. Senza arrenderci anche quando bisognerebbe fermarsi. In Malawi vogliamo continuare a seminare speranza e sostenere tutti gli studenti che il 22 febbraio hanno provato a ricominciare. Anche questo è un vaccino che può sconfiggere il virus. Perché senza la scuola non cambierà mai nulla».