Filandia, missionario dall’Amazzonas alle barriere coralline

Filandia, missionario dall’Amazzonas alle barriere coralline

Il Pime piange un altro suo missionario a causa del Covid-19, questa volta a Catania: padre Giuseppe Filandia, per tanti anni missionario in Amazzonia ma anche nelle isole Trobriand, in Papua Nuova Guinea

 

Presso l’ospedale san Marco di Catania, è morto ieri padre Giuseppe Filandia, missionario del Pime di origini siciliane che ha svolto il suo ministero in Amazzonia e nelle isole della Papua Nuova Guinea. Aveva 79 anni ed era già sofferente a causa di alcune patologie gravi, quando qualche giorno fa era stato ricoverato presso il reparto di terapia intensiva, a causa del Covid-19.

Padre Pippo – come lo chiamavano in molti – era nato a Melilli (provincia e diocesi di Siracusa) il 1 maggio 1941. Entrato nel Pime nel 1953 a Gaeta, aveva frequentato prima il seminario di Ducenta per poi trasferirsi a Milano per gli anni della teologia. Ordinato sacerdote a Melilli nel 1968, l’anno dopo era partito per il Brasile, la sua destinazione. Ha svolto il suo ministero nella diocesi di Parintins, in Amazzonia, nelle parrocchie di Maués, Parintins e soprattutto Nhamundá. Qui si era dedicato specialmente ai ragazzi e agli adolescenti “os Craques de Jesus” (i campioni di Gesù, come li chiamava lui), e alle visite alle comunità nella foresta.

Nel 1986 accolto poi la sfida di ripartire per una nuova frontiera missionaria: era stato destinato alla Papua Nuova Guinea, dove era rimasto per dieci anni lavorando a Kiriwina, nelle Isole Trobriand. Rientrato in Italia era stato per sei anni rettore della comunità del Pime di Mascalucia (Ct), per poi tornare in Brasile ancora a Nhamundá per otto anni fino al 2017. Rientrato in Italia negli ultimi tre anni era tornato a Mascalucia che proprio in questo mese di gennaio avrebbe dovuto lasciare per trasferirsi nella comunità di Gaeta.

Padre Filandia aveva tracciato un bilancio della sua esperienza in un libro, intitolato “Dall’Amazzonas alle barriere coralline“. “Rivedendo la mia vita missionaria fatta di rinunce, di viaggi, di avventure e di incontri con altre culture – spiegava – mi sono domandato se quello che scrivevo non poteva essere una spinta in più, affinché altri potessero fare lo stesso cammino, fare i “matti” per il Regno di Dio, cioè lasciare tutto per fare ricchi gli altri”.

“Volevo diventare marinaio, per girare il mondo, ma il Signore ha fatto le cose a modo suo…” raccontava poi in questa intervista raccolta due anni fa al Salone del Libro di Torino. “Io sono felice perché mi sono donato agli altri – aggiungeva – e spero di poterlo fare ancora nei giorni che Dio mi darà”.