Terremoto in Ecuador: la solidarietà arriva da chi non te l’aspetti

Terremoto in Ecuador: la solidarietà arriva da chi non te l’aspetti

La Confederazione delle Nazionalità indigene dell’Ecuador, che da almeno un anno protesta contro il governo centrale, non solo ha espresso la sua solidarietà al popolo ecuadoregno ma ha anche annunciato che porterà acqua e fagioli secchi alle comunità colpite.

Mentre continuano le scosse dello sciame sismico successivo al forte terremoto dello scorso 16 aprile e il numero di vittime continua ad aumentare, dall’Ecuador arriva anche qualche bella storia di solidarietà.

È di oggi infatti la notizia – riportata dal quotidiano locale La Hora – che la Confederazione delle Nazionalità Indigene del Paese (in breve CONAIE) sarà in prima linea nelle operazioni di soccorso e ricostruzione in atto nelle zone più colpite.

Detta così, di per sé, la notizia non avrebbe niente di strano e quella del CONAIE sembrerebbe la solita dichiarazione di unità nazionale che si sente spesso, soprattutto dopo le disgrazie. Ad un occhio più attento, però, la presa di posizione degli indigeni in favore della propria nazione stupisce eccome. Infatti, proprio nel corso dell’ultimo anno, la Confederazione che comprende 14 diverse etnie indios presenti sul territorio dello Stato centro-americano ha condotto una dura e lunga protesta nei confronti del governo centrale, rappresentato dal presidente Rafael Correa, che pure era stato sostenuto e votato da molti indigeni nelle scorse elezioni ma che evidentemente ha deluso le loro aspettative.

Lo scorso agosto, per esempio, un imponente sciopero è stato organizzato a Quito dai nativi, tra cui anche 250 rappresentanti del CONAIE – giunti dal Sud del Paese con una marcia di 800km – il cui slogan era proprio «Rafael Correa ha offeso la popolazione indigena». L’accusa mossa al presidente era di aver offerto posizioni di prestigio ai leader indigeni solo per portarli dalla sua parte ed avere così la strada spianta nell’approvazione dei piani di sfruttamento petrolifero e minerario ai quali si oppongono le varie comunità aborigene, che rappresentano il 7 per centro della popolazione ecuadoregna totale.

In quell’occasione gli indigeni del CONAIE, in piena ribellione nei confronti del governo, chiesero a Correa anche il ritiro delle leggi che ad oggi limitano l’autonomia degli indios sull’amministrazione della terra, dell’acqua e dell’educazione nei loro territori.

Eppure, nonostante tutto ciò, gli indios in questi giorni hanno messo da parte le rivalità e anzi hanno dichiarato che domenica prossima porteranno mille litri d’acqua, vestiti e fagioli secchi alle vittime del terremoto delle zone più isolate del Paese. I massimi vertici del CONAIE hanno specificato che lasceranno fuori dal piano d’aiuto città come Pedernales o Manta e si concentreranno su quelle località che fin ora sono rimaste escluse dalle donazioni e dai servizi di pronta assistenza che si sono messi in moto nel Paese.

Sulla riva del fiume Chachi, in particolare, in villaggi come Boca de Pescado o Salvador non ci sono solo un buon numero di vittime da piangere ma anche tanti abitanti che non hanno più una casa. Uno dei leader del CONAIE ha dichiarato: «Ci hanno riferito che dormono sopra assi coperte di plastica. Ci hanno chiesto tende, materassi, materiali da costruzione e attrezzi, oltre a un gruppo di uomini per aiutarli».

Infine, il CONAIE ha aperto le porte della sua casa centrale a Quito per raccogliere alimenti non deperibili, scatolame, acqua imbottigliata, medicine, tende e coperte che saranno portate ai compatrioti della costa in difficoltà. «Questo – hanno dichiarato gli indigeni in un comunicato – è il momento in cui dobbiamo dimostrare un lavoro collettivo e la solidarietà necessaria perché tutto il Paese possa riprendersi da questa tragedia».