Politi e Gheddo, missionari tra le notizie

Politi e Gheddo, missionari tra le notizie

Alla fine dell’anno che il Centro Pime ha dedicato alla Cina: un ricordo di padre Giancarlo Politi e padre Piero Gheddo, due missionari nel mondo della comunicazione

 

In questo scorcio finale del 2020, che il Pime ha dedicato alla Cina, desidero ricordare padre Giancarlo Politi e padre Piero Gheddo. Padre Politi ci ha lasciato esattamente un anno fa, il 23 dicembre 2019; un paio di giorni fa, il 20 dicembre, ho pensato a padre Piero Gheddo, a tre anni dalla morte. Entrambi direttori di Mondo e Missione, i due missionari furono accomunati dall’annuncio del vangelo attraverso il giornalismo, i libri, la comunicazione e si sono interessati alla Cina (soprattutto padre Politi). Ambedue ci hanno lasciato nella prossimità del Natale.

Le tombe dei due missionari sono presso il cimitero del Pime della Grugana (a Calco, in provincia di Lecco), collocato nella pace delle colline che circondano il santuario della Madonna del Bosco. Domenica 13 dicembre ho visitato quel luogo, e nella solitudine e silenzio assoluti di quel pomeriggio, mentre osservavo le lapidi con i nomi di Politi e di Gheddo e di altri missionari che ho conosciuto, ho pensato a quanto sia facile dimenticare chi non c’è più, e a quanto presto anche il ricordo di noi sarà passato. Rimane la speranza che i nostri nomi rimangano scritti nel libro della vita.

A Giancarlo Politi – che abbiamo ricordato in più occasioni nei mesi scorsi dedicati alla Cina nell’anniversario dei 150 anni di presenza dei missionari del Pime – mi unisce la missione in Hong Kong e l’impegno per la Cina. In questo grande Paese, dagli anni Ottanta, Politi visitò fedeli cattolici, uomini e donne, preti, vescovi e religiose delle comunità sotterranee e di quelle ufficiali, sopravvissuti alle campagne politiche e persecutorie del regime comunista. Ricostruì con precisione la lista – e la successione apostolica – di tutti i vescovi cinesi della storia, inclusi quelli ancora in vita e in clandestinità.

La sua conoscenza ed esperienza fu richiesta dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Vaticano), dove suggerì anche un intervento chiarificatore del papa circa la difficile situazione ecclesiale, che si realizzò nella lettera del 2007 di Benedetto XVI ai cattolici cinesi. La direzione spirituale del seminario missionario internazionale del Pime di Monza fu l’ultimo suo importante servizio alla causa missionaria.

Padre Giancarlo affrontò la sua grave malattia con serenità e fortezza, anzi lo rese in qualche modo migliore nelle relazioni personali. In una intervista di grande significato umano e disponibile su youtube, rilasciata alla dottoressa Silvia Vitali, affermò che “si è padri, madri o fratelli anche da ammalati. (…) Ciò che conta è la bellezza dell’esistenza”.

Una cosa che ricordo con affetto di lui è il suo amore per la Bibbia, Gerusalemme e la Terrasanta e la sua collaborazione alla mia pianificazione del semestre sabbatico che trascorsi a Gerusalemme nel 2013.

Piero Gheddo è conosciuto da molti in Italia per aver scritto un numero sterminato di articoli e quasi cento libri. Visitò Hong Kong e la Cina, e scrisse un importante volume “Lettere di cristiani dalla Cina” (1981), in assoluto una delle prime testimonianze che la chiesa cattolica non era affatto scomparsa, come postulato dalla retorica maoista dominante.

Gheddo scrisse un libro molto bello su Lorenzo Bianchi, l’ultimo vescovo del Pime di Hong Kong. Mi è caro anche “Il testamento del capitano” (2002), la commovente narrazione della vita di suo padre, disperso nella tragica campagna di Russia. Ho sempre avuto molto rispetto per la devozione che padre Piero aveva verso i suoi ‘santi genitori’. Me ne parlava a lungo, e con sincera convinzione. Gheddo, oltre che alle cornee, ha lasciato in dono una eredità di grande valore: una generosa dedizione al lavoro; un entusiasmo inarrestabile e contagioso; l’intima certezza che Gesù e il suo vangelo stanno al centro di tutto.

Nei primi anni Ottanta lo invitammo a tenere gli esercizi spirituali alla nostra classe di teologia (fu una mia idea). Ci raccontò che da seminarista ascoltava con trasporto le testimonianze dei missionari reduci e temeva che i loro successi gli impedissero di trovare ancora qualcuno da convertire quando sarebbe arrivato il suo turno. Forse per questo si rivolse poi al mondo intero, visitandolo in lungo e in largo. E la sua missione fu nel vastissimo mondo della comunicazione, nel quale divenne un riconosciuto protagonista.