Vaccini: il G7 e «gli avanzi» ai Paesi poveri

Vaccini: il G7 e «gli avanzi» ai Paesi poveri

La discussione di ieri tra i Paesi più industrializzati non è andata oltre un aumento dei fondi per l’acquisto di dosi che non si sa quando arriveranno davvero. Intanto i dati dicono che su 200 milioni di dosi il 45% è stato iniettato nei Paesi del G7, che contano appena il 10% della popolazione globale. Mentre al WTO resta il muro sulla questione della condivisione dei brevetti

 

Si parla molto oggi della questione dell’equa distribuzione dei vaccini contro il Covid-19 nel mondo, dopo che ieri il tema è stato al centro della discussione al vertice virtuale del G7, tenutosi sotto la presidenza britannica. L’esito della discussione è stata la scelta di aumentare a 7,5 miliardi di dollari la dotazione del Covax, il fondo creato per la distribuzione dei vaccini in quei Paesi che hanno le risorse per acquistarli. È bastato questo perché – con la solita stupidità – un quotidiano italiano che non vale nemmeno la pena di nominare oggi abbia titolato in prima pagina «Diamo i vaccini all’Africa e restiamo sempre senza».

Le cose non stanno evidentemente così: una fonte un pochino più autorevole come l’agenzia France Presse ha pubblicato l’infografica che riprotiamo qui sopra che riassume quante dosi di vaccini anti Covid-19 (tutti, compresi il cinese Sinovac e il russo Spuntik V) sono state somministrate a oggi e in quali Paesi del mondo. La prima notizia è che sono state superate le 200 milioni di dosi. Ma la seconda che arriva subito a ruota è che di queste dosi il 45% sono state utilizzate proprio nei Paesi del G7 che pure contano appena il 10% della popolazione globale. I Paesi del G7 sono Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Giappone (anche se in verità a Tokyo le vaccinazioni stanno cominciando solo adesso). Tra i 29 Paesi a più basso reddito solo la Guinea equatoriale e il Ruanda a oggi hanno iniziato a vaccinare contro il Covid-19.

In questo quadro che cosa è stato deciso ieri? Ancora poco. Più di un Paese non è andato oltre l’impegno a destinare ai Paesi poveri gli «avanzi» delle dosi acquistate una volta terminata la propria campagna vaccinale. Il che suona abbastanza ipocrita: ci sono Paesi che hanno ordinato dosi per tre o quattro volte la propria popolazione. Che cosa altro dovrebbero farsene, una volta terminato di somministrarle ai propri cittadini?

Si aumenta la dotazione di fondi del Covax ma non si capisce con questi soldi come verranno comprate le dosi di vaccino per i Paesi poveri e soprattutto quando arriveranno, dal momento che come tutti sappiamo oggi il problema principale è il rifornimento. Alla proposta di iniziare a condividere subito sia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti di Joe Biden hanno risposto con un secco no. E non è un caso che in quasi tutti i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina dove si è perlomeno cominciato a vaccinare contro il Covid-19 questo non stia avvenendo attraverso il meccanismo del Covax, ma con le forniture dei vaccini Sinovac (cinese) e Sputnik V (russo). Una questione che ieri al G7 ha sollevato il presidente francese Emmanuel Macron, preoccupato per le implicazioni geopolitiche. Ma oggi per questi Paesi l’alternativa qual è?

Sullo sfondo resta il vero nodo di fondo, che ci ricordava qualche settimana Nicoletta Dentico nella serata in streaming che come Centro Pime abbiamo dedicato alla questione dei vaccini: il tema dei brevetti. Da alcuni mesi al Wto – l’Organizzazione mondiale del commercio – il Sudafrica e l’India hanno ufficialmente chiesto che di fronte alla pandemia venga utilizzata la clausola che prevede in casi particolari la liberalizzazione di un brevetto dietro a un equo compenso. Questo – sostengono molte realtà della società civile, tra cui Medici Senza Frontiere – permetterebbe di organizzare davvero una produzione su scala globale che metta al primo posto l’efficacia del piano vaccinale piuttosto che le logiche di mercato. Ben consapevoli che – come stanno mostrando le varianti del Covid-19 – lasciare indietro intere aree del mondo può essere molto pericoloso per tutti. Finora sono stati proprio i Paesi del G7 a opporsi a questo principio. Con il rischio di lasciare ancora una volta ai Paesi poveri solo le briciole.