Turchia, arrestati centinaia di “netturbini illegali” per combattere l’immigrazione

Turchia, arrestati centinaia di “netturbini illegali” per combattere l’immigrazione

La scorsa settimana a Istanbul oltre 200 raccoglitori di rifiuti tra cui molti afghani sono stati arrestati. Molti rischiano di essere espulsi dal Paese. Un immigrato: “Facciamo questo lavoro per non dover mendicare. Dialogate con noi invece di arrestarci”

 

A chi è capitato di visitare la Turchia, non sarà sfuggita la presenza di netturbini piuttosto particolari: uomini, per lo più stranieri, che trascinano per le strade di Istanbul (ma anche di altre provincie turche) enormi carrelli o carriole cariche di rifiuti. Sono i cosiddetti “recyclable waste collectors“, i raccoglitori di rifiuti riciclabili, che quotidianamente frugano tra i cassonetti della città in cerca di plastica, carta, cartone e di tutti quei materiali da rivendere (spesso a bassissimo prezzo) a società di riciclaggio private. Un lavoro non regolamentato né, tanto meno, legale, ma che permette a migliaia di immigrati, soprattutto afghani e pakistani, di guadagnarsi quel tanto che basta per sopravvivere.

La scorsa settimana – racconta il sito al Monitor – oltre 200 di costoro sono stati arrestati a Istanbul e ora rischiano l’espulsione con l’accusa di essere entrati illegalmente nel Paese. Un’azione, quella portata a termine dalle forze dell’ordine, che in molti vedono come una lotta all’immigrazione: “Prendere di mira rifugiati e migranti è una costante del governo turco – ha affermato Dogus Simsek, assistente professore presso la Kingston University di Londra, la cui ricerca si concentra sui problemi dei migranti e dei rifugiati -. Ma azioni xenofobe di questo tipo non solo rendono impossibile la vita ai profughi che si trovano a Istanbul, ma alimentano una retorica razzista e discriminatoria secondo la quale tutto quello che va storto in Turchia è colpa degli stranieri”. D’altra parte, prosegue Sismek, non ci sono alternative a questi lavori “di fortuna” per i milioni di rifugiati che vivono attualmente tra i confini turchi: “Non hanno un permesso di soggiorno che gli consenta di ricoprire altre occupazioni. Vivrebbero di accattonaggio o di piccoli crimini. Il governo non ha creato per loro uno spazio per entrare legalmente nel mercato del lavoro e quindi si arrangiano come possono”. Spesso, nemmeno i migranti provvisti di documentazione ed entrati regolarmente in Turchia riesco ad ottenere un impiego regolare e tutelato.

I raid della polizia che hanno portato all’arresto di almeno 200 raccoglitori di rifiuti solo nelle giornate di lunedì e giovedì fanno seguito alle parole del governatore di Istanbul, Ali Yerlikaya, il quale lo scorso agosto affermò che “la raccolta di rifiuti non autorizzata stava generando nella città problemi ambientali e di salute pubblica”. Una tesi tutta da confermare in un Paese in cui i tassi di raccolta differenziata sono tra i più bassi d’Europa.

“Stiamo facendo questo lavoro, che è l’unico che possiamo trovare per vivere dignitosamente senza rubare o mendicare – spiega Mahmut Aytar, un lavoratore dei rifiuti a Istanbul originario dell’Afghanistan -. Chiediamo un dialogo con le autorità, non una presa di posizione così drastica nei nostri confronti e delle pene così severe”. Molti dei raccoglitori di rifiuti riciclabili sono bambini che arrivano a guadagnare meno di 12 dollari al giorno a seconda del peso e della quantità di rifiuti che riescono ad ammassare nei loro carrelli in ferro.

Si stima che ad oggi vivano in Turchia circa 300mila afghani, un gruppo inferiore soltanto alla vastissima comunità siriana composta da oltre 3,7 milioni di rifugiati.