Mario Meda, l’«inventore» del sostegno a distanza

Mario Meda, l’«inventore» del sostegno a distanza

Si è spento a Rancio di Lecco all’età di 93 anni padre Mario Meda, missionario del Pime, che nel 1958 dall’allora Birmania lanciò l’idea di proporre alle famiglie di sostenere da lontano un bambino in missione. Nel 2004 aveva ricevuto anche l’Ambrogino d’oro per questa forma di solidarietà attraverso la quale anche dall’Italia aveva mantenuto forte il legame con la comunità che era stato costretto a lasciare

 

Non era di certo una celebrità. Eppure il mondo della solidarietà in Italia gli deve molto: nella casa dei missionari anziani a Rancio di Lecco ieri si è spento padre Mario Meda, missionario di 93 anni, il cui nome è legato in maniera indelebile al sostegno a distanza, l’iniziativa di solidarietà che da tanti anni il Pime promuove in favore dei ragazzi (ma anche dei giovani, dei disabili e dei seminaristi) nelle sue missioni in tutto il mondo.

Era stato proprio padre Meda dalla Birmania, dove era missionario, a lanciare nel 1958 l’idea allora del tutto inedita di affidare a una famiglia di benefattori l’aiuto di un singolo bambino in un Paese lontano, in una sorta di «adozione» a distanza. Padre Mario – nato a Desio (Mi) nel 1927, ordinato sacerdote dal cardinale Schuster nel 1954 – proprio in quell’anno era arrivato a Kengtung, la sua destinazione in quello che oggi è il Myanmar. Le famiglie coinvolte inizialmente furono americane, attraverso il Centro missionario Pime di Detroit. Ma quando nel 1966 – come tutti gli altri missionari del Pime – dovette subire la sorte amara dell’esilio imposto dal governo dei militari a tutti i religiosi stranieri entrati nel Paese dopo l’indipendenza, l’idea del sostegno a distanza andò avanti dal nuovo Centro di animazione missionaria che nel frattempo il Pime aveva aperto a Milano e a cui padre Meda venne inviato.

In forma strutturata partì dunque nel 1969 e fece da apripista in Italia a tanti altri enti e associazioni che ancora oggi adottano questa forma estremamente popolare di aiuto allo sviluppo. In un’epoca in cui non esistevano gli strumenti informatici di oggi per gestire i database, da Milano padre Meda insieme al confratello padre Mauro Mezzadonna (anche lui scomparso due anni fa) arrivarono con le loro schedine cartacee a mettere in relazione anche 17000 donatori con una bambina o un bambino segnalato dalle missioni del Pime di tutto il mondo. «Adozioni d’amore a distanza» le chiamavano allora. Ed è un impegno per il quale nel 2004 padre Mario Meda fu anche ufficialmente premiato con l’Ambrogino d’Oro, la massima onorificenza cittadina, che gli fu consegnata dall’allora sindaco Gabriele Albertini. Ed è una forma concreta di fraternità che al Centro missionario Pime continua tuttora (se vuoi saperne di più clicca qui).

 

Padre Meda avrebbe desiderato tanto ripartire per una nuova missione, ma i superiori ritennero che il suo servizio fosse più prezioso nell’amministrazione economica dell’istituto e al Centro di animazione missionaria, dove è stato per tanti anni anche rettore della chiesa di San Francesco Saverio, la chiesa del Pime in via Monte Rosa a Milano. Quello che però in padre Mario non venne mai meno è il legame con la sua comunità che aveva conosciuto a Kengtung. Attraverso il sostegno a distanza continuò a spendersi in maniera particolare per quelle famiglie che era stato costretto a lasciare, seguendone le storie una per una. Tra le sue gioie ci fu quella di poter vedere proclamato beato nel 2011 Clemente Vismara (1897-1988), suo confratello in Birmania che all’orfanotrofio di Kengtung dove padre Mario svolgeva il suo ministero, indirizzava molti dei suoi ragazzi raccomandando: «Preparateli per la missione». Invito preso alla lettera se si pensa che uno dei ragazzi cresciuti con padre Meda, Peter Louis Ca Ku, sarebbe diventato nel 2001 il vescovo di Kengtung, e altri quattro sarebbero stati ordinati sacerdoti.

A Milano padre Mario Meda ha vissuto anche un’altra frontiera del tutto particolare della missione: quella della misericordia, come confessore nel Duomo di Milano. E proprio a quell’esperienza risale un episodio singolare che qualche anno fa lui stesso aveva raccontato in una lettera al direttore di Avvenire: «Primavera del 2000, Quaresima – scriveva padre Meda -. Un mezzogiorno torno dal Duomo e qui al Pime la ragazza della portineria mi dice: “C’è un vecchio signore: vuole confessarsi. Aspetta da quasi un’ora; i confratelli sono impegnati…”. Vado io, rispondo. Breve saluto e confessione generale. “Sa, sono vecchio e arriva il capolinea!”. Confessione “angelica”. Dopo, leva da una borsa di tela un pacchetto, raccolto in una pagina di giornale. Sono lingottini d’oro. “Questi sono i risparmi della mia vita. Non ho famiglia, sono solo. Ho sentito parlare dei lebbrosi; una rivista mi ha spalancato gli occhi e toccato il cuore! Offro i miei risparmi per i poveri lebbrosi”. E così, senza attendere una ricevuta, novello Melchisedek – senza genealogia, località di provenienza e di rientro – mi saluta, mi bacia e se ne va. Porto l’oro in una nota gioielleria milanese che lo cambia in lire: 78 milioni e rotti. Conosciuta la destinazione, l’orefice non si prende un centesimo. Così potei aiutare sette lebbrosari del Pime in Asia, uno in Africa e quello del dottor Marcello Candia in Amazzonia. Dio avrà riservato un posto in prima fila all’anonimo donatore in Cielo».

Un altro incontro che amava ricordare era quello con Madre Teresa di Calcutta, quando nell’aprile 1977 venne a Milano per lo storico incontro tenuto allo Stadio di San Siro. Ospite al Pime fu padre Mario con la sua Fiat 600 ad accompagnarla nel breve tragitto fino allo stadio. Madre Teresa si informò su dove fosse stato in missione e che cosa facesse in Italia. Poi gli chiese: «Lei quante ore prega al giorno?». Padre Meda le rispose, aggiungendo: «Madre, pensavo mi chiedesse se aiuto i poveri…». E Madre Teresa: «No, perché se non preghiamo molto non siamo uniti a Dio e se non siamo uniti a Dio non possiamo aiutare i poveri, i quali hanno fame di pane, ma soprattutto hanno fame di Dio». Sono parole che padre Meda non ha mai dimenticato.

A causa dell’emergenza Covid-19 i funerali si tengono in forma privata insieme a quelli di padre Bruno Mascarin sabato 9 gennaio alle 9,30 nella Casa del Pime di Rancio. Una celebrazione di suffragio è prevista nei prossimi giorni anche a Desio, sua città natale. Le spoglie riposeranno nel cimitero del Pime a Villa Grugana a Merate (Lc).