In Italia, il numero delle donne straniere ha superato quello degli uomini. Vengono non solo per ragioni di famiglia, ma anche per lavoro. E sono sempre più impegnate nell’associazionismo, nell’imprenditoria e nelle istituzioni civili. Così come le italiane che sono emigrate all’estero e che crescono i loro figli in un orizzonte globale
I Jat sono in rivolta per chiedere che a loro – comunità rurale un tempo benestante e ora con sempre maggiori difficoltà si confronta con urbanizzazione, occupazione qualificata e una siccità già biennale – venisse riconosciuta la condizione di “gruppo meno favorito” nonostante siano considerati una casta di livello elevato nel complesso sistema di gerarchia per nascita caratteristica della tradizione induista
Fino al 1996 la legge giapponese costrinse chi era stato contagiato dal morbo di Hansen a vivere segregato. Un ricorso presentato in questi giorni contro le autorità giapponesi riporta alla luce questo dramma, raccontato anche dal film «Le ricette della signora Toku»
L’ultimo rapporto sulle differenze tra aborigeni e australiani fotografa una situazione di grandi diseguaglianze. Il premier Turnbull ha parlato di «scarto inaccettabile», ma il problema d’integrazione tra le comunità è vecchio quanto la colonizzazione inglese.
L’appello da Milano del premio Nobel indiano nella Giornata mondiale contro la tratta delle persone: «Bisogna fare di più per la lotta alla schiavitù. C’è un reato più grave che privare un bambino dei propri sogni?»
Sono tra i 21 e i 35 milioni nel mondo le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, il 70 per cento donne e bambine. Anche in Italia ci sarebbero dalle 50 alle 70 mila donne costrette alla prostituzione. E circa 400 mila lavoratori (di cui l’80 per cento immigrati) rischiano di ritrovarsi sfruttati e ridotti in condizioni servili. Un nuovo libro di Anna Pozzi racconta i molti volti delle nuove schiavitù del XXI secolo.