Una serie di attacchi sulla frontiera con il Bangladesh ha scatenato come reazione un’altra ondata di violenze verso quella che l’Onu definisce «l’etnia oggi più perseguitata a mondo». Una vicenda che riapre anche il nodo dei rapporti tra i miliari e Aung San Suu Kyi in Myanmar
Riuniti i rappresentanti di numerose etnie come i Karen, i Kachin, gli Shan, i Wa, i Kayah, scettiche in maggioranza ma disponibili a cessare le ostilità in cambio di un sistema federale che garantisca sicurezza e diritti. Ma non ci sono comunque i Rohingya
Quasi in contemporanea con il sisma in Italia una scossa della stessa magnitudo ha colpito anche il Paese asiatico. La maggiore profondità ha contenuto i danni alle persone, ma sono ingenti le conseguenze sui templi buddhisti di Bagan, uno dei più importanti complessi architettonici del Paese
Prima arresti dopo il rogo di una moschea a Lone Khin. Paradossalmente proprio la relativa democrazia raggiunta dopo la fine formale del controllo militare, ha concesso maggiori spazi alla propaganda dei nazionalisti buddhisti che, collegati a gruppi di interesse connessi con il vecchio regime
Un milioni e quattrocentomila migranti provenienti dal Myanmar lavorano in attività disagiate o pericolose nel Paese che l’ex leader dei diritti umani – oggi ministro degli Esteri – visita per la prima volta. E sullo sfondo resta sempre il dramma dei Rohingya
I Rohingya sono ancora la minoranza etnica più perseguitata al mondo. Nonostante il loro esodo – soprattutto dalle coste del Myanmar verso quelle della Thailandia – sia in netto calo, circa 150mila Rohingya vivono in campi profughi in condizioni di apartheid per sfuggire alle discriminazioni attuate dal governo birmano.
Dopo la storica seduta inaugurale di ieri a Naypyidaw il cammino per voltare pagina davvero resta lungo. E passa anche dal ricambio generazionale all’interno della Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi