Va bene ribadire la dottrina. Va bene anche riconoscere con gratitudine ed incoraggiare le coppie e le famiglie che si impegnano in senso genuinamente cristiano. Ma l’umiltà non guasta mai. Perché anche le costruzioni più belle vanno sempre curate o a volte si rompono. Ma soprattutto perché la Chiesa è missionaria.
Come si guarda in missione al Sinodo che sta per cominciare? E come affrontare – in situazioni dove la fragilità delle famiglie è spesso legata anche a contesti sociali difficili – la sfida di un incontro tra verità e misericordia? Su «Mondo e Missione» i racconti di suor Agnese Roveda dal Brasile e suor Alessandra Bonfanti dall’Africa
Archiviate l’emozione e anche un po’ di retorica che cosa ci lasciano in eredità gli storici discorsi di papa Francesco all’Onu e al Congresso degli Stati Uniti?
Stasera il Papa arriva a New York. E domani sarà ad Harlem, dove ad aspettarlo ci sarà anche la parrocchia di Sant’Anna, frequentata da portoricani, messicani e tante altre etnie. «Siamo come le dodici tribù d’Israele», racconta padre Vijay Marmeni, missionario indiano del Pime trapiantato tra la Lexington e la 110a strada
Proclamando santo il francescano Junipero Serra, l’evangelizzatore della California, papa Francesco ieri a Washington ha tracciato un bellissimo profilo dello stile della missione «ad gentes» oggi: «La missione nasce dal fare esperienza una e più volte dell’unzione misericordiosa di Dio»
Due esecuzioni capitali molto discusse fissate per la prossima settimana, subito dopo la partenza dagli Stati Uniti di papa Francesco. E viene alla mente il precedente del 1999 con la grazia chiesta e ottenuta da Giovanni Paolo II per Darrell Mease